Parlare con gesti concreti
È il papa che ci ha ricordato – se fosse necessario – i fondamenti della fede cristiana e i contenuti della Buona Notizia. Ovvero che Dio è amore. E che ci si salva, cioè si dà senso alla propria vita, solo quando si crede davvero nell’Amore. Papa Benedetto XVI ha raccolto la sua teologia della carità soprattutto nelle due encicliche “Deus caritas est” (DCE, 2006) e “Caritas in veritate” (CV, 2009).
CREDERE NELL’AMORE
«Abbiamo creduto all’amore di Dio – così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita» (DCE 1). Bastano queste parole a tracciare in modo chiaro l’orizzonte cristiano. E per ricordare, soprattutto ai cristiani stessi, che la carità non è la caratteristica di alcuni “cristiani buoni”, ma è l’essenza stessa del Dio che la Chiesa è chiamata ad annunciare (con la vita, ancor prima che con le parole). Infatti «la carità non è per la Chiesa una specie di attività di assistenza sociale che si potrebbe anche lasciare ad altri, ma appartiene alla sua natura, è espressione irrinunciabile della sua stessa essenza» (DCE 25).
Senza la carità – ovvero l’amore gratuito, donato – non c’è nemmeno la Chiesa. «La carità nella verità è una forza che costituisce la comunità, unifica gli uomini secondo modalità in cui non ci sono barriere né confini» (CV 34).
DIO È AMORE
Papa Benedetto ci ha ricordato, in modo chiaro ed efficace, come le ragioni di fede e speranza si fondino sulla consapevolezza che Dio è amore: «Fede, speranza e carità vanno insieme. La speranza si articola praticamente nella virtù della pazienza, che non vien meno nel bene neanche di fronte all’apparente insuccesso, ed in quella dell’umiltà, che accetta il mistero di Dio e si fida di Lui anche nell’oscurità. La fede ci mostra il Dio che ha dato il suo Figlio per noi e suscita così in noi la vittoriosa certezza che è proprio vero: Dio è amore!» (DCE 39).
CARITÀ E GIUSTIZIA
La fede in Dio-Amore si fa carne. Produce relazioni di giustizia e di pace. Pur sapendo che «l’amore – caritas – sarà sempre necessario, anche nella società più giusta» (DCE 28), è proprio questo amore che, «forza straordinaria», «spinge le persone a impegnarsi con coraggio e generosità nel campo della giustizia e della pace» (CV 1). Se non c’è giustizia che non abbia bisogno dell’amore, non c’è carità che non produca giustizia: «La carità eccede la giustizia, perché amare è donare, offrire del “mio” all’altro; ma non è mai senza la giustizia, la quale induce a dare all’altro ciò che è “suo”, ciò che gli spetta in ragione del suo essere e del suo operare. Non posso “donare” all’altro del mio, senza avergli dato in primo luogo ciò che gli compete secondo giustizia» (CV 6).
IL BENE DI NOI TUTTI
Infatti «amare qualcuno è volere il suo bene e adoperarsi efficacemente per esso». E «accanto al bene individuale, c’è un bene legato al vivere sociale delle persone: il bene comune. È il bene di quel “noi-tutti”, formato da individui, famiglie e gruppi intermedi che si uniscono in comunità sociale» (CV 7).
Pensieri che illuminano il percorso di Caritas Italiana, delle Caritas diocesane, di tutte le comunità che si sentono chiamate a dare testimonianza della Buona Notizia. Diverse le pagine, nelle sue encicliche e nei suoi scritti, che papa Ratzinger ha dedicato in modo specifico anche alla “carità organizzata” e agli organismi che, nelle varie Chiese, hanno il mandato dell’animazione alla carità.
CARITÀ: FANTASIA E QUALITÀ
Nel novembre del 2011, commemorando i 40 anni di vita della Caritas Italiana, disse: «Cari amici, non desistete mai da questo compito educativo, anche quando la strada si fa dura e lo sforzo sembra non dare risultati. Vivetelo nella fedeltà alla Chiesa e nel rispetto dell’identità delle vostre Istituzioni, utilizzando gli strumenti che la storia vi ha consegnato e quelli che la “fantasia della carità” – come diceva il beato Giovanni Paolo II – vi suggerirà per l’avvenire».
Spiegò come è necessario declinare, nel contesto sociale e comunitario, il compito educativo: «Quella dei gesti, dei segni è una modalità connaturata alla funzione pedagogica della Caritas. Attraverso i segni concreti, infatti, voi parlate, evangelizzate, educate. Un’opera di carità parla di Dio, annuncia una speranza, induce a porsi domande. Vi auguro di sapere coltivare al meglio la qualità delle opere che avete saputo inventare. Rendetele, per così dire, “parlanti”, preoccupandovi soprattutto della motivazione interiore che le anima, e della qualità della testimonianza che da esse promana».
Su www.caritas.it: “Papa Benedetto, una guida per il nostro servizio”