Cooperazione, un mondo di nuove sfide
Non è un mondo facile, quello in cui viviamo. Siamo nel pieno di una complessa crisi socio-ambientale (per riprendere i termini usati da papa Francesco), in cui la pandemia ha acuito numerosi problemi già esistenti: fame, povertà e disuguaglianze. Purtroppo non sono molti gli elementi su cui costruire percorsi di solidarietà a livello internazionale, nella direzione di un mondo più giusto, come di recente hanno dimostrato i deludenti risultati del G20 e della Cop26. In un momento in cui anche le Nazioni Unite fanno fatica a creare spazi efficaci di dialogo su temi di rilevanza globale, si assiste a uno sfilacciamento dei principi faticosamente conquistati, che dovrebbero stare alla base del dialogo multilaterale, e a una ricomposizione di approcci e strumenti sulla base di nuove logiche.
Esperimenti pericolosi
Questa disillusione ha radici profonde, come ricorda papa Francesco nell’enciclica Fratelli Tutti: «Vediamo dominare un’indifferenza di comodo, fredda e globalizzata, figlia di una profonda disillusione che si cela dietro l’inganno di una illusione: credere che possiamo essere onnipotenti e dimenticare che siamo tutti sulla stessa barca. Questo disinganno, che lascia indietro i grandi valori fraterni, conduce a una sorta di cinismo. Questa è la tentazione che noi abbiamo davanti, se andiamo per questa strada della disillusione o della delusione. L’isolamento e la chiusura in se stessi o nei propri interessi non sono mai la via per ridare speranza e operare un rinnovamento, ma è la vicinanza, è la cultura dell’incontro. Isolamento, no; vicinanza, sì. Cultura dello scontro, no; cultura dell’incontro, sì» (FT 30).
L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite è incentrata
su importanti principi, che però se non vengono
resi vitali nella pratica possono sfilacciarsi
La dichiarazione delle Nazioni Unite Trasformare il nostro mondo: Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile è incentrata sull’idea del diritto delle persone e delle comunità a vivere in modo dignitoso, senza lasciare indietro nessuno: si tratta però di principi, che se non vengono resi vitali nella pratica possono sfilacciarsi. E il rischio è quello di esperimenti pericolosi, come quello del Vertice mondiale delle Nazioni Unite sui sistemi alimentari, in cui sono stati bypassati completamente l’interazione multilaterale e i suoi elementi fondanti, ovvero il principio del “diritto al cibo” (frutto di un lavoro di approfondimento e mediazione nelle sedi realmente multilaterali, durato anni), per appoggiarsi a una discutibile partnership con le élite economiche e finanziarie globali.
Proprio da questa vicenda possiamo trarre qualche indicazione sul modo in cui l’interazione nella comunità globale sta evolvendo: sono ormai residuali gli ambiti di dialogo in cui si pone attenzione a che tutte le voci siano davvero rappresentante, soprattutto quelle delle persone e dei gruppi sociali più vulnerabili. Si favorisce invece, ormai, un approccio “per portatori di interessi”, in cui spesso chi ha gli interessi più importanti ha anche la voce più forte. Non è un caso che al vertice sull’Africa organizzato dalla presidenza italiana del G20 sia stata invitata la rappresentanza del Business20 (il gruppo espressione degli operatori del settore privato) e nessuna rappresentanza della società civile… Le grandi fondazioni del settore privato dispongono di risorse assai più ampie di quelle a disposizione di molti governi (compreso il nostro!) e molti minori vincoli; e sono ormai sempre più sistematicamente chiamate a ruoli di interlocuzione politica, senza che si ponga alcuna attenzione ai possibili (e reali) conflitti di interessi che si generano sugli approcci possibili nello sviluppo del settore agricolo, della salute globale, dell’innovazione…
Sovvertimento solidale
Questo è il contesto in cui la cooperazione allo sviluppo cerca di rinnovare il proprio ruolo e il proprio mandato. La forte pressione di un modello direttamente mutuato dal settore privato, in cui si da per scontato che i (del tutto legittimi) interessi degli operatori di mercato coincidano con il “bene comune”, produce una torsione di cui forse la stessa società civile non è sempre del tutto consapevole. È dunque inevitabile una deriva tecnocratico-mercatistica anche nella cooperazione allo sviluppo e nella solidarietà internazionale?
Lavorare al cambiamento di sistema è, oggi,
una necessità: non si può più operare come palliativo
delle crescenti tensioni di un mondo in crisi
Se la cooperazione allo sviluppo deve ritrovare un ruolo propositivo, è necessario trovare risposte per domande che sono forte cambiamento. Proprio il nuovo orizzonte di “sviluppo sostenibile” impone una prospettiva diversa, in cui è necessario mantenere coerenza tra i diversi piani della questione: non è più possibile interrogarsi sulla cooperazione soltanto in termini di “bisogni a cui dare risposta”, senza porre in discussione i meccanismi che questi bisogni hanno generato. Lavorare al cambiamento di sistema rappresenta oggi, forse più che in ogni altro momento della storia, una necessità ineludibile: è troppo evidente il rischio di operare come semplice palliativo alle crescenti tensioni di un mondo in crisi.
Questa è una delle sfide centrali: trovare un equilibrio tra l’azione concreta ed efficace, a fianco dei popoli del sud globale, e la tensione a un “sovvertimento solidale” del mondo in cui viviamo, e dei suoi meccanismi di ingiustizia e di sopraffazione.
Disturbo costruttivo alle istituzioni
Questa sfida ne contiene un’altra, operativamente forse ancora più complessa. Se la prospettiva è quella di un vero cambiamento di sistema, fino a che punto è necessario e possibile porsi all’interno di logiche istituzionali? Come sopra ricordato, l’agenda dei decisori politici è in una fase di debolezza: inefficace da una parte, ma resa tale da un’evoluzione nei rapporti di forza a favore dei grandi attori del settore privato transnazionale. Si pone dunque il tema di difendere e “rianimare” gli spazi realmente multilaterali, democratici e aperti, che si trovano sotto attacco in modo sempre più visibile; ma allo stesso tempo occorre prendere il coraggio di proposte fuori dagli schemi e dai percorsi formali, secondo un approccio di “deistituzionalizzazione”, e anche per certi versi di “disturbo costruttivo” nei riguardi delle istituzioni. Il mondo dell’associazionismo ha senza dubbio la flessibile capacità di svolgere questo ruolo, superando qualche inerzia e qualche contraddizione che rischia di trattenere troppe realtà nel mondo delle “buone pratiche” da rifinanziare, ottime risposte a domande che nel frattempo sono già cambiate molte volte…
Le logiche dell’“orientamento ai risultati”, prevalente nel mondo della cooperazione, sono anche il frutto di una prospettiva di intervento mutuata dal mondo del management, ma distolgono l’attenzione da una prospettiva di più lungo termine, dove la cosa che rimane realmente sul terreno, al termine delle attività di cooperazione, sono le relazioni instaurate e i processi di lungo termine innescati: entrambe grandezze che tendono a sfuggire completamente ai sempre più sofisticati meccanismi di monitoraggio tecnico.
Rimangono sul terreno le relazioni instaurate e
i processi di lungo termine innescati: grandezze che
sfuggono ai sofisticati meccanismi di monitoraggio
Anzitutto cittadini
Tutto ciò riporta ancora all’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile e ai suoi principi: non lasciare indietro i diritti e la voce di nessuno è la vera sfida. Riusciranno la cooperazione allo sviluppo e la solidarietà internazionale a rimettere al centro i volti e le persone di coloro i quali spesso chiamiamo “poveri” e “ultimi”, ma a cui è necessario innanzitutto riconoscere una dignità di “cittadini” e di soggetti che desiderano e devono diventare protagonisti del loro e del nostro futuro?
Ancora papa Francesco ci indica una prospettiva: «Questa è la vera via della pace, e non la strategia stolta e miope di seminare timore e diffidenza nei confronti di minacce esterne. Perché la pace reale e duratura è possibile solo a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione, al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana» (FT 127).
** Questo articolo riprende e rielabora temi trattati con maggiore approfondimento dallo stesso autore nell’articolo Non lasciare nessuno indietro”: il motore della cooperazione allo sviluppo, in Aggiornamenti Sociali 2021(11):601–9