I falsi equilibri scatenano guerre
Violenza e povertà continuano a crescere. Tanto che 235 milioni di persone, nel mondo, necessitano di aiuti umanitari. Una cifra record. Un valore che segna un balzo del 40% rispetto a un anno fa. È uno tra i dati, forse il più inquietante, che emergono dalla settima ricerca sui conflitti dimenticati curata da Caritas Italiana in collaborazione con Avvenire, Famiglia Cristiana e Ministero dell’Istruzione, intitolata Falsi equilibri e presentata il 9 dicembre a Roma.
Un incremento impressionante delle persone in stato di emergenza. Nonostante il Covid, che ci ha fatto sentire “tutti sulla stessa barca”. Nonostante un diffuso desiderio di pace. Nonostante l’ansia di salvare il pianeta, che trascina in piazza milioni di giovani. Il trend era già fortemente al rialzo, negli ultimi anni, ma il dato del 2020 non può non colpire. E può essere in parte spiegato con il crescente numero dei conflitti armati, che desta particolare preoccupazione. Numero peraltro in ulteriore aggravamento, considerando che nell’anno in corso si è aggiunto un altro fronte di violenze, quello etiope, dal Tigray ad Addis Adeba.
Legame profondo con la povertà
È un’evidenza empirica – l’esperienza della rete Caritas nel mondo lo denuncia da decenni –, suffragata da diversi studi, che la presenza di forti diseguaglianze all’interno di una società sia causa di risentimento e di un profondo senso di ingiustizia, stati d’animo anche collettivi, che spesso scatenano conflitti armati. Tanto che nel corso degli ultimi vent’anni il numero delle guerre civili è più che raddoppiato.
Parimenti è in costante aumento anche il numero dei gruppi ribelli attivi nelle varie crisi sparse per il pianeta, anche perché quelli esistenti tendono a dividersi e a creare nuove organizzazioni che si fronteggiano tra loro, oppure lottano contro i governi locali. Il fatto che i conflitti armati siano segnati dal contesto in cui emergono è intuitivo. Allo stesso modo il proliferare di gruppi è legato all’accesso alle risorse da predare. La correlazione di fondo, il legame profondo è tra povertà, sottosviluppo e diseguaglianze, che sono tra le principali cause dei conflitti armati, sia a livello locale sia internazionale. Diversi studi hanno evidenziato come le risorse naturali – per esempio acqua, idrocarburi, diamanti – possono infatti influenzare (e di fatto provocare) l’insorgere e lo sviluppo di guerre.
Effetti sulla coesione sociale
Molte nazioni si reggono su “falsi equilibri”, su una stabilità apparente che nasconde crescenti diseguaglianze le quali, se non gestite con adeguate politiche, determinano effetti preoccupanti in termini di coesione sociale. Da qui il titolo della ricerca, che ne costituisce anche la prospettiva.
Molte nazioni si reggono su una stabilità apparente,
che nasconde crescenti diseguaglianze le quali, se non
gestite con buone politiche, alterano la coesione sociale
Ma qual è la percezione di questo scenario diffusa nell’opinione pubblica? I sondaggi somministrati anche per questa edizione del rapporto dagli autori della ricerca, sia tra gli studenti delle scuole superiori, sia a livello demoscopico alla popolazione italiana, continuano a evidenziare una situazione alquanto preoccupante. Dai risultati emerge che il pensiero dei nostri connazionali circa i conflitti armati attivi nel mondo sia quantomeno sommerso. Il 47% di loro non conosce alcuna guerra degli ultimi 5 anni, conclusa o ancora in corso. L’80% è consapevole del fatto che gli scontri, per quanto lontani, possano incidere in qualche modo sulle dinamiche socio-economiche dell’Italia.
Ma si può agire
Dunque, anche se il cittadino comune tende a non accorgersene, il mondo ha la febbre alta. Soffre di incapacità a mettere al bando i conflitti, aggravata dalle crescenti diseguaglianze, a loro volta incrementate dalle conseguenze sociali della pandemia in corso. E dalla scarsa consapevolezza della maggior parte della popolazione rispetto a quanto sta accadendo.
Insomma, ancora una volta è lecito parlare di “conflitti dimenticati”. Ma si può agire. La ricerca offre linee d’azione per rendere la democrazia più inclusiva, per rimettere la finanza al servizio dell’economia reale, per rafforzare il governo di un mondo multipolare. Per divenire tutti fratelli, sulla scia del magistero di Papa Francesco, che ci indica lo sviluppo umano integrale come prospettiva d’azione.