Mediterraneo, una frontiera. Ma di pace
Mediterraneo, mare di molti popoli e culla di alcune tra le più antiche civiltà della terra. Situato tra Europa, nord-Africa e Asia occidentale, è un vero e proprio ponte tra i continenti, dove storia, culture e commerci si incontrano e si intrecciano, si influenzano e si sviluppano.
Ma oggi il nostro mare ci racconta una storia amara: da singolo eco-sistema, deve fare i conti con tanti territori assai diversificati, in cui la crisi economica e sociale, inasprita dalla pandemia Covid-19, accende vecchi e nuovi focolai di conflitti e resistenze, mentre i fenomeni migratori riflettono la distanza che aumenta, quella fra “noi” e “loro”, lungo la linea sottile di speranza e disperazione, al punto che le terre attorno a questo mare semichiuso, piccolo e sovraffollato sembrano essere molto più lontane di quanto non lo siano nella realtà.
Proposte concrete
Il Mediterraneo grida dolore e ci invoca, richiamando tutti i popoli a costruire migliori condizioni culturali, sociali ed economiche per consolidare e sviluppare uno spazio di pace, di solidarietà e di benessere. Un appello che non è rimasto inascoltato. Nell’incontro “Mediterraneo, frontiera di pace” promosso dalla Conferenza episcopale italiana, su iniziativa del cardinale presidente Gualtiero Bassetti, tenutosi Bari nel febbraio 2020, il mandato fu chiaro: «Il Papa ha messo dei punti precisi – disse allora Bassetti in apertura –. Non fate lamentele, perché è inutile stare a lamentarsi quando le cose non vanno bene. Non fate discorsi campati in aria. Fatemi delle proposte concrete, che possano essere utili per risolvere i problemi dell’umanità. Perché veramente il Mediterraneo è il concentrato di tutti i problemi dell’umanità, in quanto abbraccia Asia, Africa ed Europa».
Fatti concreti, dunque. Per questo il cardinale Bassetti, a termine dell’incontro di Bari, lanciò una “opera-segno”, dando via al progetto “Mediterraneo. Frontiera di pace, educazione e riconciliazione”, promosso dalla Cei e affidato per la realizzazione a Rondine Cittadella della Pace, in collaborazione con Caritas Italiana. Rondine è un’organizzazione non profit impegnata nella riduzione dei conflitti armati nel mondo e nella trasformazione creativa del conflitto in ogni contesto; le sue attività si snodano dall’omonimo borgo medievale toscano, a pochi chilometri da Arezzo, dove si strutturano progetti per l’educazione e la formazione dei giovani, inclusi molti provenienti da paesi teatro di conflitti armati o post-conflitti.
“Mediterraneo. Frontiera di pace, educazione e riconciliazione” è dunque un vero e proprio percorso, che coinvolge undici giovani di diversi popoli e culture che vivono situazioni di conflitto, ma sono accomunati dal sogno di vivere un nuovo Mediterraneo di pace. «A Rondine – afferma Franco Vaccari, presidente e fondatore di Rondine Cittadella della Pace – trovano uno spazio per conoscersi, confrontarsi e riconciliarsi, con se stessi e con il proprio “nemico”, per affrontare il conflitto in tutte le sue forme e soprattutto per formarsi come leader di pace nell’ambito di un programma innovativo, che raccoglie le sfide educative e interculturali contemporanee e, grazie al team di esperti formatori e alle organizzazioni-partner, aiuta questi giovani nella costruzione di progetti di forte impatto sociale, per promuovere la coesione e lo sviluppo tra lecomunità locali. Dai Balcani al Medio Oriente, fino al Nord Africa».
Mattone dopo mattone
Il percorso, iniziato ad aprile 2020, ha concluso la fase formativa nella Cittadella della pace lo scorso luglio. «Dirò al Papa che qui si sta costruendo la pace, poco a poco, mattone dopo mattone», sono state le parole del cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato Vaticano, in occasione della breve visita a Rondine. Parole che hanno incoraggiato il lavoro dell’opera segno e i suoi giovani protagonisti che ora, rientrati nei propri territori, sono alle prese con l’attuazione dei progetti di impatto. «Si tratta di iniziative che hanno come obiettivo il dialogo, la riconciliazione e la pace e puntano a sviluppare una rete tra i giovani che vogliono promuovere la coesione sociale nel Mediterraneo», afferma Amina, che è tra i partecipanti.
Tra le iniziative in fase di realizzazione, Rawya Zamouchi e Amira Kalem hanno deciso di occuparsi, in Algeria, di disabilità, attraverso il progetto “Osons vivre ensemble”, per rompere le barriere dello stigma e del pregiudizio verso le persone disabili e i loro familiari. Majdi Abdallah, invece, sostiene lo sviluppo individuale e collettivo dei bambini e dei giovani, utilizzando lo sport come strumento di educazione informale.
A Sarajevo, Amina Surkovic sta trasformando il Museo dell’infanzia di guerra in un luogo di crescita, di condivisione e di formazione attraverso visite museali e laboratori educativi per i giovani della Bosnia ed Erzegovina, affinché comprendano l’importanza di preservare la pace. In tema di anticorruzione, Daisy El Hajje svolge una ricerca che ha per obiettivo concreto la creazione di un network di universitari, giovani avvocati, professionisti e tutti coloro che sono esposti alle diverse forme di corruzione, con l’obiettivo finale di sviluppare una piattaforma corruption free per gli utenti. Nadežda Mojsilovic sta invece coinvolgendo studenti dai 14 fino ai 25 anni per superare i limiti e le faziosità locali e incoraggiare i giovani a sviluppare un senso di responsabilità verso il proprio paese, guardando alla ricchezza del patrimonio culturale e religioso, oltre le differenze.
Nathalie Abdallah e Roa Zebia hanno deciso di sperimentare il “Metodo Rondine” per la trasformazione creativa dei conflitti nel proprio paese, per educare i giovani alla cittadinanza attiva, alla società civile e alla democrazia. Nirmeen N.L. Odeh ha capito che c’è bisogno di maggiori competenze tecnologiche e con il progetto “Acts 29: the next generation” insegna ai giovani l’uso del digitale per trasformare idee in progetti concreti, ma anche per condividere e confrontare idee e opinioni con il mondo. Infine Rasha Fakoush e Jacklin Kikolof si fanno carico di un progetto di formazione e peace building nel tessuto sociale siriano lacerato da 10 anni di guerra civile, per ricostruire relazioni umane tra coloro che fino al giorno prima erano su fronti diversi del conflitto.
Il ruolo delle città
Per le sue caratteristiche e finalità, per l’innovazione della formazione e la capacità di ricaduta sociale, “Mediterraneo. Frontiera di pace educazione e riconciliazione” è stato selezionato al Paris Peace Forum 2021 tra gli 80 progetti finalisti.
Nel 2020 il Papa aveva chiesto “proposte concrete”. A Firenze, il prossimo 27 febbraio, ci sarà anche lui per il nuovo incontro “Mediterraneo, frontiera di pace 2”. Le speranze della Conferenza episcopale italiana, della Caritas italiana e di Rondine Cittadella della Pace sono infatti riposte in undici giovani, nei loro progetti e nel loro impegno, nella loro dedizione e preparazione, nei loro sogni e nel desiderio comune di fare del nostro Mediterraneo un mare di pace. Ma naturalmente l’impegno progettuale dei giovani non esclude che si solleciti quello di istituzioni e organizzazioni. Il convegno di Firenze, dedicato in particolare all’incontro tra vescovi e sindaci delle città che, in diversi paesi, si affacciano sulle rive del Mare Nostrum, offrirà in questa prospettiva un’occasione per allargare ulteriormente lo sguardo e lo spettro dell’analisi e delle proposte, nella consapevolezza del fondamentale ruolo delle città, dei comuni, dei municipi per la costruzione della pace e della coesione sociale.
L’insegnamento e l’esempio del venerabile Giorgio La Pira fanno da sfondo e da ispirazione: non a caso per il convegno è stata scelta Firenze. L’evento sarà occasione per approfondire le molteplici tensioni che dilaniano lo spazio Mediterraneo: quelle tra stati o tra fazioni militari, certo, ma anche quelle tra centri e periferie, tra quartieri delle città, tra inclusi ed esclusi all’interno delle comunità. Le città sono però anche laboratori di riconciliazione, e numerose esperienze verranno condivise tra sponde del Mediterraneo. Come, in fondo, da millenni la storia ci ha abituati a fare.
Aggiornato il 27/01/22 alle ore 15:01