La rete dopo la tempesta
Ci sono fatti di cronaca che pur avendo un epilogo tragico aprono squarci di luce, abbattono muri di indifferenza, provocano slanci di solidarietà. Non ce l’ha fatta Maria Laura Zuccari, ma il suo gesto ha segnato la comunità di Avenza, frazione di Carrara, lì dove la Toscana sfuma nella Liguria. Seconda metà di agosto, il maltempo che in questi ultimi anni ci ha abituati a non passare senza lasciare danni, flagella una parte del centro-nord della penisola. Ad Avenza, parco pubblico “Ugo La Malfa”, è rimasta una signora senza dimora, conosciuta perché spesso aiutata dalla comunità. Non in questo caso, però: sono tutti barricati nelle rispettive case ad aspettare che la tempesta passi. Maria Laura Zuccari, 68 anni, scorge dalla sua finestra, che dà sul parco, la presenza di questa donna senza dimora che ben conosce, perché le è stata vicina in diverse occasioni. Non ci pensa due volte: qualche secondo e Maria Laura è già in strada, sotto l’acqua – e che acqua –, in balia del vento – e che vento! Vuole invitare l’amica a ripararsi a casa sua. Ma quando arriva nel parco un albero si spezza e la travolge. Maria Laura sarà trasportata in ospedale, ma non sopravvivrà. Mentre la signora senza dimora, raggiunta dalla notizia, non farà altro che ripetere, sotto shock, che è colpa sua: «Maria Laura era venuta per vedere se avessi bisogno di qualcosa». E sotto shock è tutta la comunità. Maria Laura, quella dal sorriso aperto, quella sempre gentile, non c’è più.
Dall’Omelia di Mons. Mario Vaccari, vescovo di Massa Carrara – Pontremoli, alla Celebrazione delle esequie di Maria Laura Zuccari, Parrocchia Maria SS. Mediatrice di Avenza, 25 agosto 2022: «Vogliamo immaginarla di fronte a Gesù che siede in giudizio e lei con timore e tremore presenta tutta la sua esistenza, le sue scelte, le sue debolezze, le sue fragilità, i suoi amori… e Il Signore che le dice “Vieni, benedetta del Padre mio, ricevi in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere; ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi».
Siamo davanti al parco teatro della tragedia, da sempre luogo di incontro delle persone del quartiere. «Per tutti lei era “la Laura”. Guardi, da quel giorno ho sempre la sua figura davanti: solare, sorridente, disponibile con tutti» dice una signora. «Non l’ho mai sentita rispondere no a una richiesta di aiuto. Se qualcuno si sentiva male era capace di andare a casa di questa persona e dire che se c’era bisogno lei avrebbe dato una mano», fa eco un’altra. Un uomo vede il capannello di gente e interviene: «Nel suo condominio si è ammalato un signore e tutti i giorni la Laura scendeva, lo aiutava, gli andava a fare la spesa. Le veniva proprio naturale ». E una donna, probabilmente coetanea di Maria Laura: «Lascia un vuoto in tutta la comunità. Triste sapere che ogni volta che uscirò non avrò la possibilità di incontrarla, di ricevere il suo saluto sempre sincero, mai rivolto per dovere. Al posto suo quel giorno di maltempo non so se avrei fatto la stessa cosa». Definitivo un signore che – dice – non si ferma perché non vuole cedere alla commozione: «Era la bontà fatta persona». Non sarebbe corretto “asciugare” questo pezzo per evitare toni apparentemente retorici: questo è ciò che la comunità pensa di Maria Laura, questa era Maria Laura.
Dall’Omelia di Mons. Vaccari: «Sorelle e fratelli, non possiamo dimenticarci il contesto in cui questa morte è avvenuta perché anche questo ci parla. Il 18 agosto scorso è stato per la nostra comunità civile un giorno terribile. Le forze presenti nella creazione, nella natura si sono scatenate disordinatamente portando caos, distruzione e morte […] In questa disgrazia che segna il nostro ritrovarci alla mensa del Signore per celebrare le esequie di Maria Laura, sentiamo il gemito di tutta la creazione che attende di essere liberata dalla schiavitù ed è lo stesso gemito e grido che insieme a tutta l’umanità rivolgiamo al Signore della Vita perché ci liberi dal Male, dai peccati, dalla violenza che è nella mani e nelle menti degli uomini».
Tiziana è una delle volontarie della Caritas parrocchiale di Maria SS. Mediatrice. Conosceva solo di vista Maria Laura, ma l’episodio accaduto il giorno del nubifragio se lo è portato dentro casa. Ne ha parlato a lungo con i suoi ragazzi. «Anche i più giovani sono rimasti turbati da questa tragedia, anche loro si sono posti delle domande. In famiglia è stata un’occasione per parlare con i miei due figli dell’importanza di non chiudersi mai al prossimo, di piccoli gesti che possiamo e dobbiamo compiere nel quotidiano. Mio marito e io abbiamo sempre insistito con loro affinché sentissero vicini tutti, soprattutto i più fragili, affinché rivolgessero sempre un saluto, un sorriso, senza mai girarsi dall’altra parte». Anche ad Avenza, ovvio, la crisi economica aggravata dal Covid ci ha dato giù pesante tra le persone che hanno meno. Per due anni la Caritas ha allestito un banco in strada dove ognuno lasciava ciò che voleva, soprattutto generi alimentari. «Ci alternavamo nel corso della giornata – racconta Tiziana – per rendere quel piccolo spazio occupato un presidio, un posto dove chiunque poteva prendere quello di cui aveva bisogno. I panificatori della zona ci hanno donato il pane per tutto questo tempo. Hanno dato un grande contributo. Abbiamo in qualche modo fatto rete ma dobbiamo intensificarla sempre più. È chiaro che la pandemia ci ha reso tutti ancora più chiusi verso l’altro, ed è pertanto bellissimo riscoprire certi gesti come quello di Maria Laura, anche se in questo caso è finita male. Gesù ci chiede proprio di uscire e andare verso le persone in difficoltà».
Ed è questo che ci conferma la storia di Maria Laura Zuccari? «Certo! A prima vista potrebbe sembrare che l’episodio avvenuto costituisca un deterrente: vedi? Fai per aiutare qualcuno in difficoltà e paghi addirittura con la vita! Lo abbiamo pensato tutti, ma questo rappresenta un motore per fare di più, perché ti rendi conto che non sei solo. Che ci sono persone che ci credono davvero all’altro. Per questo dobbiamo fare in modo che, come per la nostra concittadina, aiutarci reciprocamente sia una pratica quotidiana, un atteggiamento costante e fondamentale, uno snodo della rete di cui parlavo prima. Affinché alla prossima tempesta non ci sia neanche una persona a restare senza riparo». Per Maria Laura non si può più fare niente, ma coltivarne la memoria sostenendo i valori in cui lei credeva, questo sì.
Dall’Omelia di Mons. Vaccari: «Mentre la terra gridava il suo malessere con venti imponenti e pioggia a bombe d’acqua, ascoltare anche il grido di una sola persona “esclusa” è stato importante ed è importante agli occhi di Dio. Carissimi, siamo partiti dalla considerazione della vita di una donna semplice come Maria Laura e siamo andati a considerare i grandi problemi della nostra epoca. Ma il Signore Gesù ci parla soprattutto nella vita dei semplici, degli umili e dei puri di cuore. “Ti ringraziamo, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai grandi e ai sapienti e le hai fatte conoscere ai piccoli. Sì, Padre, così tu hai voluto” (Mt 11, 25 ss.)».
Aggiornato il 22/09/22 alle ore 12:40