3 | Accanto alle comunità
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Il 6 febbraio scorso, una scossa di magnitudo 7.9, con epicentro in Turchia nel distretto di Pazarcık della provincia di Kahramanmaraş, ha causato distruzioni gravissime sia nel sud-est della Turchia che nel nord della Siria.
Alla scossa iniziale ne sono susseguite più di 1.200 nelle ore e nei giorni successivi, molte delle quali di magnitudo oltre 5. Alle 13:34 ora locale dello stesso giorno, un’ulteriore scossa di magnitudo 7.5, con epicentro sempre nella provincia di Kahramanmaras a 95 km a nord dal precedente, ha aggravato la già tragica situazione.
In Turchia si contano più di 50.000 vittime e 170.000 feriti, le persone direttamente colpite da questo terremoto sono più di 9 milioni, di cui 3 milioni di sfollati.
L’intervento delle organizzazioni nazionali e internazionali è stato tempestivo: hanno dato alloggio a più di 4 milioni di persone attraverso l’apertura di campi per sfollati e la fornitura di tende e/o container, ma nell’ultimo periodo sono nati sempre più campi informali, coinvolgendo circa 1.7 milioni di persone. Si tratta di campi piccoli e allestiti autonomamente dalle persone con materiali di fortuna, senza adeguate misure di sicurezza per chi li abita e dispersi in una vastissima area, alcuni anche difficilmente raggiungibili dalle organizzazioni umanitarie per la distribuzione degli aiuti e dei beni di prima necessità.
In Turchia si contano più di 50.000 vittime e 170.000 feriti, le persone direttamente colpite da questo terremoto sono più di 9 milioni, di cui 3 milioni di sfollati.
La risposta della rete Caritas
La Caritas diocesana dell’Anatolia, pur avendo la maggior parte delle sue strutture fortemente danneggiate ed essendo gli operatori stessi in condizioni di necessità e vulnerabilità, si è mobilitata immediatamente per portare aiuto alla comunità: in questi sei mesi gli operatori non si sono mai fermati. Nella primissima fase è stato attivato in Anatolia un numero verde del centro d’ascolto a supporto della comunità, sono state distribuite coperte e forniti pasti caldi per le persone sfollate. Nell’immediato l’Episcopio ha messo a disposizione gli spazi all’aperto, poi attrezzandosi per garantire un riparo più sicuro.
Dopo questa prima fase è stato elaborato un piano di risposta rapida all’emergenza che è stato lanciato il 20 febbraio 2023 e si è concluso a maggio. L’intervento si è concentrato principalmente nella provincia di Hatay, la più colpita dal terremoto; tuttavia, considerando il forte afflusso di sfollati che si sono rifugiati fuori dalle aree affette a causa dei danneggiamenti e continue scosse, alcune attività di sono svolte anche a Mersin, Izmir e ad Istanbul.
Il programma si è sviluppato intorno a 4 attività principali:
- Accoglienza e assistenza a famiglie sfollate tramite accoglienza in strutture di emergenza a Iskenderun e Mersin, ad Istanbul e Smirne;
- Distribuzione di kit alimentari, igienici e vestiti, inclusi anche articoli per l’inverno (coperte, stufe…) nella provincia di Hatay (in particolare nei distretti di Iskenderun, Samanda e Antiochia) per i mesi di febbraio e marzo;
- Fornitura di pasti caldi per persone sfollate nei campi informali nella città di Iskenderun;
- Monitoraggio post-distribuzione e continua analisi dei bisogni.
In questi sei mesi gli operatori non si sono mai fermati. Nella primissima fase è stato attivato in Anatolia un numero verde del centro d’ascolto a supporto della comunità, sono state distribuite coperte e forniti pasti caldi per le persone sfollate
Il supporto di Caritas Italiana
In Turchia, Caritas Italiana è impegnata da oltre dieci anni in un processo di accompagnamento che ha sostenuto interventi di assistenza umanitaria, supporto al rilancio economico e percorsi di riabilitazione psico-sociale e riconciliazione per migranti e giovani. In stretto coordinamento con il Presidente di Caritas Turchia, Mons. Bizzeti, e con il gruppo di lavoro per le emergenze, due operatori di Caritas Italiana si sono recati ad Istanbul a partire dall’8 febbraio per supportare lo staff di Caritas Turchia e da giugno è presente ad Iskenderun un operatore espatriato di Caritas italiana per accompagnare la Caritas locale nella pianificazione, attuazione e monitoraggio dei programmi di risposta all’emergenza terremoto nel Vicariato di Anatolia.
Si chiama Giulia Baleri, origini bergamasche, e racconta così le sue prime impressioni: «Sono arrivata per la prima volta a inizio marzo, un mese dopo il terremoto, e la cosa di cui mi sono accorta e che continuamente noto è la resilienza della popolazione. Infatti, nonostante la situazione sia drammatica e gli edifici siano distrutti, la vita continua: le città sono popolate, i parchi sono pieni e le persone si prendono il tè fuori dalle proprie case, magari spostando i pochi averi che gli sono rimasti e che sono riusciti a recuperare, mettendosi a trascorrere del tempo insieme. Non ho mai sentito da parte della popolazione, negli atteggiamenti, la tragicità del momento».
Nel medio termine, le attività di risposta rapida al terremoto si concentreranno sulle diverse aree di intervento, con modalità differenti a seconda delle zone e delle necessità locali. I bisogni primari principali che verranno affrontati sono:
- l’alloggio: in Anatolia verranno forniti container, distribuite apparecchiature per affrontare le elevate temperature estive (ventilatori e frigoriferi) e l’inverno;
- il cibo: verranno distribuiti pacchi alimentari per chi vive in zone remote dove non c’è la possibilità di rifornirsi presso mercati e negozi locali e voucher per chi vive in città dove l’economia sta lentamente ripartendo;
- l’igiene: sono previste distribuzioni di kit igienici, pannolini e contributi tramite voucher per chi abita in città e l’installazione di una lavanderia nella provincia di Hatay;
- l’abbigliamento: è prevista la distribuzione di voucher per l’acquisto di vestiti sia estivi che invernali in Anatolia.
Nel frattempo, prosegue il supporto della rete Caritas attraverso training e formazioni sul campo.
«Dal momento che ci sono infinite necessità e bisogni, si tratterà di intervenire nel modo più efficace possibile per sostenere la comunità» prosegue Giulia. «Dopo l’avvio di questo programma di emergenza di risposta al terremoto, ci saranno dei programmi più a lungo termine: data la gravità della situazione infatti, la popolazione locale resterà in una situazione di precarietà per tanto tempo, per cui è necessario puntare su progetti sia a livello psicologico ed educativo, soprattutto per sostenere i soggetti più vulnerabili come bambini e donne, sia su progetti di livelihood, ossia di sostegno alla creazione di posti di lavoro e di empowerment della comunità per aiutarla a risollevarsi autonomamente e a trovare fonti di reddito che possano permetterle di vivere a lungo termine in serenità».
Aggiornato il 04/08/23 alle ore 14:08