Carcere, vite in punizione
Quando si parla di carcere, si pensa sempre ad un “mondo misterioso”, dove si passa da una vita di agi e privilegi, le umane regole di privacy sono sospese e la convivenza forzata è la prima prova tangibile della perdita di libertà. Inutile negarlo: chi è colpevole, è giusto che paghi il fio “…poi muta corso il vento: passa e paga il fio” (Abacuc 1,11), e soltanto chi vi è stato o è tuttora rinchiuso, può capire che cosa significhi oggi, in Italia, vivere in prigione.
Oltre ad essere una esperienza punitiva, dovrebbe essere un periodo di rieducazione, in modo che all’”uscita”, a contatto con il mondo circostante, non si commettano più reati e si abbia qualche competenza per rimettersi “in carreggiata”.
Maria, la protagonista del romanzo di Alberto Schiavone Non esisto (Edizioni Clichy, pp.176 – ), esce dal penitenziario dove ha scontato la pena, si trova come un uccellino che aperta la gabbia, respira la libertà, ma si trova di fronte ad una amara realtà: che direzione prenderà la mia vita? Si rende conto che chiuso il cancello del penitenziario, si difende dal dolore e dalle poche certezze che era riuscita a costruire per avere una vita “sua” dentro il carcere, ma che ora si domanda e comprende che “non esisto”.
Da qui, l’autore, nel tratteggiare una figura di donna tenera e feroce, si dipana nel dilemma tra libertà e prigione, tra giusto è sbagliato.
E’ un problema di cui le associazioni, comunità di recupero si interessano per fornire assistenza ai detenuti a fine pena e forse più che parlare di reinserimenti, processi educativi, forse sarebbe il caso di servirsi di semplici strumenti per attutire la “caduta”, ma come può sentirsi, chi ritiene di essere stato ingiustamente in carcere?
Perugia,1°novembre 2007: in una villetta, viene trovato il corpo della studentessa Meredith Kercher. Dopo un processo lungo sette anni, arrivato a cinque gradi di giudizio, l’unico condannato al carcere è stato Rudy Hermann Guede, ivoriano, che ha trascorso tredici anni in carcere. Insieme a lui erano stati indagati Amanda Knox e Raffaele Sollecito, i due veri protagonisti mediatici di questa storia, assolti perché, come spiegarono i giudici, poiché “le prove della loro presenza all’interno della villetta sono insufficienti”.
Pierluigi Vito Il beneficio del dubbio. La mia storia (Augh Edizioni pp. 134 ), è un racconto drammatico, coinvolgente, ricco di umanità, dove Guede, pur con la sofferenza, ma con grande dignità, racconta la sua forza di ricominciare. “La liberazione non è la libertà; si esce dal carcere, ma non dalla condanna”. (Victor Hugo).
Una storia, dove molti addetti ai lavori, hanno sentenziato pregiudizi affrettati su chi era l’imputato; ma grazie all’autore, da un fatto di cronaca, vengono offerti spunti di riflessione sul razzismo in Italia e la situazione delle carceri, ma nello specifico, grazie a Vito, rimane al lettore, in questo contesto, “il beneficio del dubbio”.