Se il lavoro da remoto rigenera i territori
In un mondo che corre vorticoso, governato dalle logiche del profitto e del fare, fermarsi e rallentare è un atto rivoluzionario. Una scelta che implica un nuovo approccio alla vita: assecondare i ritmi della natura, invece di perdersi nella frenesia del capitalismo.
Un modus operandi che trascende la sfera lavorativa, per estendersi anche a quella dello spazio, del tempo e della vita. Il nomadismo digitale infatti si slega dai vincoli della forma tradizionale di lavoro in un posto che è sempre e solo quello, ricercando un nuovo equilibrio tra vita e lavoro. La possibilità nel tempo libero di esplorare orizzonti nuovi, conoscere altre culture e incontrare le persone del luogo incide positivamente sul benessere della persona, migliorandone anche la produttività nel lavoro. Un modus vivendi affascinante, che ha catturato l’attenzione di Roberto Leonardi, giovane imprenditore napoletano e vincitore del Bando Cre@ttività, proposto da Caritas Italiana.
Dopo una laurea in Cooperazione e Sviluppo internazionale e diverse esperienze di volontariato e di lavoro che lo hanno portato in giro per il mondo, Roberto ha scelto di tornare a casa, nelle amate terre della Campania. Il suo progetto imprenditoriale si chiama “Out Quarters. Work remotely together”. L’idea nasce dal desiderio di rigenerare il territorio del Cilento, valorizzandolo anche nei periodi di bassa stagione, dove queste aree diventano ancora più incantevoli per chi lavora solo con una connessione a Internet. Lontano dai periodi di villeggiatura estiva, i nomadi digitali potranno assaporare la quiete e i colori di quei posti ameni, incontrando la comunità. Un’idea imprenditoriale che potrebbe generare interessanti processi di innovazione sociale e di turismo sostenibile.
Roberto Leonardi, fondatore di “Out Quarters”, come è nata la tua idea imprenditoriale?
«La mia idea è nata una volta tornato dalla Svezia. Durante la pandemia ho deciso di lasciare il lavoro fisso che avevo lì e di tornare in Italia, investendo tutto me stesso e ricreandomi. Appena rientrato in Italia, mi sono reso conto che tanti problemi che vedevo intorno a me, analizzati con la mentalità del Nord Europa, erano opportunità. Da qui è nata l’idea di rivolgermi ai nomadi digitali – lavoratori da remoto – per offrire loro un supporto logistico e allo stesso tempo valorizzare il territorio di Agropoli (SA), in Cilento, durante la bassa stagione».
Come racconteresti il tuo progetto a chi non lo conosce?
«”Out Quarters” è un portale web che seleziona strutture ricettive e le propone ai nomadi digitali che vogliono vivere un’esperienza nella quale lavorare e connettersi con una community di persone con gli stessi interessi. Perché dunque andare in un luogo nuovo e fare la classica esperienza turistica? Lavorando da remoto hai la possibilità di sperimentare un’esperienza diversa: stare in un posto per più tempo e cominciare a vivere come un locale, conoscendo le persone del luogo, senza sentirti solo. Insieme a te ci saranno anche altre persone che hanno scelto di fare la stessa esperienza. Svolgono professioni diverse, ma condividono delle avventure insieme, a partire dal co-living».
Come la realtà dei nomadi digitali ha catturato il tuo interesse?
«Mi ha sempre affascinato vedere i professionisti lavorare da remoto, senza vincoli di spazio, di tempo. Ero curioso di esplorare questo mondo. Mi sono informato sempre di più, anche sui gruppi Facebook. Desideravo capire che cosa cercassero i nomadi digitali in questo tipo di esperienza: l’equilibrio tra vita e lavoro, il non sentirsi “incatenati” alla forma tradizionale di impiego, avere la possibilità, la libertà e il privilegio di lavorare con una sola connessione a internet, rendendo gli stessi frutti e benefici all’azienda. Io non sono un nomade digitale, ma sono attratto dalla filosofia di vita che una certa categoria di nomadi digitali ha all’interno di questo circuito. L’idea è quella di creare la mia community, ovvero un movimento di persone che visitino un territorio non speculando, ma rigenerandolo attraverso questi valori: vita lenta, unicità del luogo, equilibrio vita-lavoro e destagionalizzazione».
Quale impatto socio-economico immagini avrà il progetto “Out Quarters” sul territorio di Agropoli?
«Anzitutto, per vedere dei progressi e parlare di impatto sociale sul territorio, c’è bisogno di molto tempo. Noi attraverso questo progetto stiamo invitando le persone a esplorare Agropoli in un periodo dell’anno dove le persone del posto non hanno mai visto stranieri. L’idea è quella di creare un ponte tra visitatori e locali, cosicché il visitatore possa offrire qualcosa al locale e la persona del posto possa dare accoglienza al visitatore. Un “win-win”, come dicono gli anglosassoni: vince il proprietario della struttura e vince il cliente, che risparmia molto di più rispetto all’alta stagione, riuscendo ad avere in affitto a prezzi decisamente più bassi. L’altro aspetto interessante, capace di generare un impatto sul territorio, sono le esperienze. I visitatori che abiteranno il luogo per un periodo di tempo vorranno vivere delle esperienze. Noi come “Out Quarters” desideriamo creare una piattaforma per offrire, oltre a un alloggio, anche delle proposte di eventi. Questi avranno un costo; daremo alle persone la possibilità di iscriversi tramite il nostro sito. Quindi i nomadi digitali, oltre a lavorare insieme da remoto, potranno scegliere se partecipare alle iniziative proposte: esperienze gratuite, come andare a correre o a camminare a contatto con la natura del Cilento, oppure a pagamento, come corsi di yoga, visite guidate, … Sono tante le forme di collaborazione che si possono progettare con le agenzie del territorio, con il Comune e con gli enti locali, interessati a vendere esperienze in bassa stagione».
La tua idea imprenditoriale promuove l’incontro tra la comunità locale e i nomadi digitali. Come immagini questo incontro?
«Il nostro obiettivo è creare dei meetup, dei gruppi online che abbiano lo scopo di facilitare l’incontro di gruppi di persone in un luogo. In questo caso si tratterà di un appuntamento culturale a cadenza settimanale, dove chi è interessato potrà partecipare. L’evento è aperto a tutte le persone del territorio che desiderano approfondire lo scenario dei nomadi digitali e conoscere professionisti da tutto il mondo; e poi è aperto a loro, i nomadi digitali, interessati a socializzare e a scoprire l’autenticità del luogo».
“Out Quarters” propone ai partecipanti un’esperienza di co-living e co-working. Quali frutti potrà portare un’esperienza di condivisione come questa?
«L’idea è quella di offrire al professionista tutto il tempo per lavorare da remoto: dalla sua stanza o, se preferisce il contatto con altre persone, in spazi di co-working. Lavorare insieme da remoto è la mission del progetto “Out Quarters. Work remotely together”. Abbiamo pensato poi a una figura come quella del community manager da proporre all’interno del gruppo: una persona che pianificherà tutta una serie di attività alle quali i partecipanti potranno scegliere liberamente se aderire o no. Si tratterà di proposte extra per aiutare i nomadi digitali a connettersi tra di loro e a parlare. L’obiettivo è creare una community di persone che vengano ad Agropoli in bassa stagione e che condividano un interesse comune: conoscersi tra di loro, raccontarsi sfide e problemi del mondo del lavoro, uscire dall’area di comfort e condividere momenti di qualità».
La tua idea imprenditoriale nasce anche dal desiderio di riscoprire le tue radici. Da dove partire per ridare valore al proprio territorio, imparare a vederlo con occhi diversi e fare qualcosa per la comunità?
«In Italia ci sono dei problemi sociali legati alla povertà e anche ai conflitti che si consumano nel mondo; questi hanno una ripercussione su tutto il Paese. Pensiamo, per esempio, alla crisi dei prezzi, all’energia, alla scarsità di risorse, … La mia idea è stata quella di ritornare in Italia per fare impresa, dopo aver viaggiato e aver vissuto in altri Paesi. All’estero mi sono relazionato con molte culture e ho cercato di integrarmi. Grazie a queste esperienze ho capito che l’integrazione è quel valore aggiunto che permette di entrare in contatto vero con le persone del posto. Attualmente l’Italia sta vivendo una fase di declino demografico: i dati dicono che i giovani italiani non vogliono più fare figli e che vanno all’estero perché non trovano lavoro. Il mio granello di sabbia – il mio piccolo contributo – in questo mondo in profonda trasformazione è provare a trovare una soluzione a queste sfide, ripartendo dal mio territorio, che conosco bene, e da una rete di collaborazioni. All’università mi sono formato in Cooperazione e Sviluppo internazionale. Dentro di me sento di essere portato per connettere le persone tra loro e trarre il meglio da ciascuno per una causa comune: in questo caso la rinascita del territorio e di quei luoghi bellissimi che in pochi possono godere durante la stagione estiva. Perché, dunque, non rilanciare questi territori anche in bassa stagione, nei periodi in cui c’è più bisogno?».
Che segno speri rappresenti per altri giovani questo tuo progetto?
«Il mio sogno, quando sono tornato in Italia, era quello di stare bene nel mio Paese e che le persone intorno a me stessero bene. Partendo da questo bisogno primario, quello di riconnettersi con la famiglia e con gli amici dopo tanti anni vissuti all’estero, è nato il mio progetto: creare questa impresa e trasformarla poi in una società benefit che reinvesta il profitto all’interno del territorio, coinvolgendo sempre di più le persone del posto interessate a far parte di questa community. Il mondo dell’economia sta cambiando velocemente e i paradigmi vecchi non sono più attuali. Le aziende dovrebbero cominciare dunque a pensare a un nuovo modello di business. Nel mio caso sarebbe la community: un gruppo di giovani che credono in un ideale. Questo ideale è un mondo in cui le persone sentano di appartenere a una sfera di pensiero secondo la quale il capitalismo non è più sostenibile. Dunque, invece di andare in quella direzione, perché non pensare delle realtà diverse e creare delle soluzioni innovative?».
Roberto Leonardi, che tappa rappresenta questo progetto nel tuo percorso di vita?
«Se mi avessi chiesto cinque anni fa: “Vuoi creare un’azienda?”, avrei risposto di no. Volevo dimostrare al mondo che ero in grado di fare. Lavoravo in Svezia ma, poi, con la pandemia qualcosa è cambiato: ho rivalutato il mio concetto di work-life-balance, questo equilibrio tra vita e lavoro. Ho capito che non sempre avere tutto corrisponde a essere felice. Rivivere il mio territorio e fare azienda in un Paese come il nostro, dove ai giovani non vengono affidate responsabilità perché c’è tutta una gerarchia sociale e lavorativa, poteva essere una bella sfida. Per me sognare di fare impresa e offrire la possibilità ad altri giovani come me di costruire qualcosa insieme nel nostro Paese è un grandissimo successo.
Dal 9 al 23 ottobre la prima edizione: un’esperienza di immersione totale nelle terre di Agropoli, presso Borgo dei Saraceni. Nell’offerta sono comprese giornate rilassanti e rigeneranti, con sessioni di yoga all’aperto, meditazioni sulle spiagge e una ricca varietà di attività per mente, corpo e spirito. Non possono mancare le visite ai villaggi pittoreschi della regione e le degustazioni dei sapori del Cilento.
Aggiornato il 19/09/23 alle ore 14:58