Un “noi” sempre più grande
Sono trascorsi ormai trent’anni da quando il primo Dossier Statistico Immigrazione ha visto la luce, nel lontano 1991. Tre decenni, durante i quali abbiamo assistito alla rapida evoluzione di un fenomeno – l’immigrazione – che si è imposto con forza nel dibattito pubblico e nella politica nazionale.
In 30 anni, molto è cambiato. Sembrano così lontani i tempi in cui prevaleva un sentimento di curiosità e “sana indifferenza” verso chi sceglieva di stabilirsi nel nostro paese. Negli anni Ottanta abbiamo assistito all’arrivo silenzioso di un esercito di collaboratrici domestiche che iniziavano ad affollare le case della borghesia italiana. Solo qualche anno dopo ci siamo rimboccati le maniche per assistere i profughi della ex Jugoslavia, accogliendoli con grande spirito di solidarietà. Poi, nel volgere di poco tempo, la situazione è mutata radicalmente, e nell’opinione pubblica si sono fatti strada sentimenti di ostilità verso persone che in breve sono transitate dalla condizione di profughi e migranti a quella di clandestini. La narrazione del fenomeno migratorio ha subito una vera e propria involuzione, anche lessicale, che ha inciso profondamente le nostre coscienze.
Dal fermento all’invasione
Eppure fino al 2000 siamo stati testimoni di vero e proprio “fermento creativo”, che è coinciso non solo con l’approvazione di importanti leggi sull’immigrazione, prima fra tutte la Legge Turco-Napolitano del 1998, ma anche con lo sviluppo di un pensiero compiuto sui temi dell’intercultura e dell’integrazione, frutto della consapevolezza che il fenomeno della mobilità umana sarebbe diventato sempre più strutturale. D’altronde è proprio in quegli anni che avviene il sorpasso del numero di cittadini stranieri sugli emigrati italiani all’estero, così come il volume delle rimesse inviate in Italia viene superato da quello delle rimesse degli immigrati verso l’estero.
Un pensiero compiuto su intercultura e integrazione,
frutto della consapevolezza del carattere strutturale
della mobilità umana. Ma il clima è cambiato in fretta
Tuttavia, il clima cambia velocemente, e con la legge Bossi-Fini del 2002 prende avvio una stagione securitaria. Sono gli anni della paura, della cosiddetta “invasione” dei clandestini. Si realizza un progressivo spostamento della popolazione straniera residente in Italia in una sorta di cono d’ombra, e un crescente protagonismo dei rifugiati e dei richiedenti asilo: è l’inizio dell’attenzione mediatica su Lampedusa e sugli “sbarchi”.
Prende così corpo la paura della cosiddetta “invasione”. Si consolida l’idea che ci siano “Altri” contrapposti a “Noi”. Alimenta questo fuoco il vento della crisi economica mondiale e italiana, alla quale contribuiscono e si accompagnano il calo dell’occupazione e il crollo della produzione, non sostenuto da un adeguato processo di modernizzazione.
Reato di solidarietà
Ma nell’arco di qualche mese cambia di nuovo tutto: le operazioni di salvataggio verranno progressivamente dismesse dall’Europa e dall’Italia, in un primo momento lasciate alla libera e privata iniziativa delle ong, successivamente sempre più contrastate, alimentando un dibattito ampio e aspro nel mondo politico e nella società civile. L’opinione pubblica si spacca e sono sempre più le persone convinte che dietro le attività di soccorso e salvataggio in mare ci siano interessi da parte delle ong: inizia a circolare l’idea che possa essere legittimato il “reato di solidarietà”.
Questo clima, a tratti avvelenato, ci accompagna negli ultimi anni, fortemente caratterizzati dalle crisi migratorie internazionali, a partire dalle Primavere arabe fino al tragico conflitto siriano e alla recente vicenda afgana.
La politica italiana diviene sempre più un riflesso delle politiche europee, che chiedono il contenimento dei flussi per limitare i movimenti dei migranti entro i propri confini, senza strutturare un disegno più ampio ed inclusivo nella gestione del fenomeno.
Con pragmatismo, senza pregiudizi
Purtroppo, in definitiva, in questi trent’anni si è rafforzata la tendenza a considerare l’immigrazione come un facile argomento elettorale e di costruzione del consenso, non come un fenomeno strutturale da gestire con pragmatismo e senza pregiudizi, in modo inclusivo e senza tentazioni discriminatorie.
I 30 anni del Rapporto Immigrazione prodotto da Caritas Italiana e Fondazione Migrantes – quest’anno dedicato al tema Verso un noi sempre più grande e presentato a Roma giovedì 14 ottobre – devono essere allora l’occasione per fare discernimento. A partire dalle parole di papa Francesco, che invita appunto «a camminare insieme verso un noi sempre più grande, a ricomporre la famiglia umana, per costruire assieme il nostro futuro di giustizia e di pace, assicurando che nessuno rimanga escluso».
Aggiornato il 06/05/23 alle ore 10:58