Abitare incerto, politiche da ridisegnare
Cosa si nasconde dietro la perdita di una casa o la difficoltà a pagare le bollette? Quanti centri di ascolto Caritas, nei lunghi e dolorosi mesi della pandemia, hanno raccolto sempre più richieste di aiuto, sul fronte abitativo, anche da parte di famiglie mai ascoltate e accolte prima?
Queste due domande indicano una rilevante sfida alla quale, nei prossimi mesi, molte Caritas dovranno fare fronte, ossia trovare risposte innovative a un disagio abitativo diffuso, forse mai sperimentato in precedenza, in Italia, nelle dimensioni attuali.
La povertà abitativa, in realtà, non è un tema nuovo. Molte Caritas hanno attivato progetti sul tema della casa per accogliere stranieri, rifugiati, persone senza dimora, donne sole con figli, o solamente per sostenere le bollette e gli affitti di persone troppo povere anche per l’edilizia residenziale pubblica. Ciononostante, la crisi legata alla pandemia ha generato una nuova ondata di fragilità economiche e sociali, che si stanno traducendo nella perdita della propria abitazione, o nella difficoltà a pagare le spese energetiche anche da parte di famiglie che prima non avrebbero mai pensato di chiedere aiuto alla Caritas. Lo scivolamento verso il basso di una parte delle famiglie italiane era già in atto negli anni passati, ma la pandemia da Covid-19 sembra aver accelerato tale discesa.
Assistenzialismo deleterio
Nonostante la fase complessa occorre restare lucidi. E chiedersi sempre quali siano le cause delle difficoltà abitative, sia che riguardino soggetti “cronici”, sia che si parli di nuovi nuclei in difficoltà. Occorre essere vigili, e non cadere nella tentazione di distribuire risorse a fondo perduto, nella speranza che con questi fondi a pioggia si risolva il problema. Sono cure palliative, se si considera sia l’intervento pubblico sia quello allargato del terzo settore, proposte da un sistema che ha molti aspetti ormai da riformare. Lo stesso assistenzialismo di Caritas, seppure importantissimo per tamponare la crisi di molte famiglie nell’immediato, potrebbe risultare deleterio nel lungo periodo, e portare la famiglia a non cercare di risolvere la propria situazione abitativa, contribuendo, in questo modo, a una costante caduta verso il basso.
Le politiche abitative in Italia risultano ancorate
a un vizio del passato: interpretano
il disagio abitativo solamente come economico
Occorre puntare a progetti integrati, che aiutino le famiglie interessate a trovare un lavoro stabile, a sviluppare la capacità di prendersi cura degli spazi domestici, a maturare la capacità di cura della sfera familiare, a saper gestire le spese quotidiane e il bilancio familiare, in generale a essere capaci di integrarsi in un contesto. Le politiche abitative in Italia, invece, risultano ancorate a un vizio del passato, ossia interpretano il disagio abitativo solamente come economico, vale a dire esclusivamente come incidenza del canone di locazione o del mutuo rispetto al reddito.
L’esperienza dei centri di ascolto e gli esiti della pandemia, al contrario, raccontano un disagio con molte sfaccettature, rispetto alle quali non occorre sempre e solo intervenire con un aiuto economico, mirato al pagamento del canone d’affitto. Il tema della povertà energetica, ad esempio, si somma a quello economico: se si interviene con logiche di breve periodo, dedite esclusivamente a rassicurare i nuclei famigliari e a evitare la perdita della casa nell’immediato, si rischia di rivelarsi volutamente strabici. Nel medio periodo, infatti, occorre ragionare sulle cause della povertà abitativa. Il messaggio di papa Francesco per il 50° anniversario di Caritas Italiana è una bussola anche sul versante abitativo: occorre seguire la via degli ultimi, una via umile e di servizio, ma spesso anche quella più difficile, che richiede la capacità di essere creativi.
La creatività dovrà allora aiutare a immaginare proposte nuove, che rimettano al centro la dignità dell’avere una casa, condizione centrale di vita, soprattutto per le famiglie con figli. Le testimonianze di padri e madri terrorizzati dall’idea di dover dire ai propri figli che rischiano di non avere un tetto non sono solamente cariche di disperazione, ma ci interrogano su come agire d’anticipo, prima ancora di dover sostenere economicamente tali situazioni.
Sfratti, lungo strascico
Nei prossimi mesi non è ancora chiaro cosa potrà accadere; i dati sono ancora confusi e probabilmente, come per la crisi del 2008, dovremo aspettarci un lungo strascico nel tempo. L’aggiornamento al 2020 del numero di provvedimenti di sfratto, recentemente pubblicato dal ministero dell’Interno, è rappresentativo di tale incertezza. Il prolungarsi della pandemia nel corso del 2021, e il contestuale rinvio degli sfratti per morosità, o delle procedure esecutive per il pignoramento, hanno contribuito nuovamente a diluire gli effetti reali dell’emergenza abitativa delle famiglie italiane.
Nei prossimi mesi non è chiaro cosa accadrà; i dati
sono ancora confusi e probabilmente, come per la crisi
del 2008, ci sarà un lungo strascico nel tempo
Per quanto riguarda gli sfratti, dal 1° luglio 2021 è ripresa la possibilità di eseguirli, anche se il decreto Sostegni 41/2021 (art. 40 ter) ha introdotto un’ulteriore dilazione fino alla fine di settembre, nel caso di provvedimenti adottati dal 28 febbraio al 30 settembre 2020, e fino alla fine dell’anno per i provvedimenti avviati dal 1° ottobre 2020 fino al 30 giugno 2021.
Gli effetti di tali blocchi e il rallentamento dei tribunali hanno generato le statistiche riportate nel grafico in pagina. I provvedimenti di sfratto si sono ridotti del 34,3% nel 2020 rispetto al 2019, e gli sfratti eseguiti dell’80,2%. Ovviamente si tratta di riduzioni che nascondono situazioni e drammi che torneranno a palesarsi nel 2022.
Immaginando un andamento simile a quello osservato negli ultimi anni pre-pandemici (2018-2019), nel 2022 si dovrebbero registrare sia i provvedimenti dell’anno in corso sia quelli che sono rimasti sospesi tra 2020 e 2021. In pratica si potrebbero avere circa 70 mila provvedimenti di sfratto e quindi circa 30-35 mila esecuzioni. Si tratta di una proiezione; l’andamento reale dipenderà molto sia dalla capacità delle famiglie di trovare soluzioni abitative alternative, sia dalla capacità dei tribunali di gestire una massa di atti così rilevante. Il ritorno ai numeri del 2014 risulta, pertanto, molto realistico: occorre seriamente ragionare su nuove politiche, per non dover subire nuovamente una crisi abitativa così estesa.
Pignoramenti, mero compromesso
Non è solo il mercato dell’affitto a creare problemi di natura sociale. Anche le famiglie con mutuo risultano infatti esposte all’attuale crisi. Inoltre la sospensione delle esecuzioni immobiliari legate ai pignoramenti è venuta meno il 30 giugno 2021, nonostante una recente sentenza della Corte costituzionale sulla legittimità di una proroga.
Anche in questo casi i dati non restituiscono completamente la gravità della situazione. Il dato delle esecuzioni 2019 è già in parte alterato dai primi effetti della pandemia del 2020: sono state effettuate 204 mila aste, ma si sarebbe dovuti arrivare a circa 240 mila esecuzioni. Come riportato dai dati di Astasy (rete di operatori privati, specializzati nel settore delle esecuzioni immobiliari), anche il dato 2020 risente dei vari blocchi dei pignoramenti. In particolare, la quota di immobili residenziali in asta si è ridotta dal 70% del 2019 al 50% del 2020. Sono stati proprio i decreti “anti-pignoramento” ad aver da un lato impedito l’attivazione di nuovi avvii di procedure, mettendo di fatto in stand by tutte le attività dei creditori, e dall’altro a sospendere tutte le aste di unità residenziali adibite a dimora principale. Anche in questo caso si tratta di un mero compromesso, i cui esiti verranno “pagati” nei prossimi anni. Nei primi sei mesi del 2021 le aste sono state circa 75 mila e la chiusura dei lavori del 2020 ha causato il rinvio di circa 120 mila aste. Alla luce di tali dati, si prospetta un 2022 complesso, con non meno di 290-300 mila immobili all’asta.
Esecuzioni immobiliari e suddivisione geografica | |||||
Nord | Centro | Sud | Isole | Totale | |
2015 | 46% | 23% | 17% | 14% | 225.891 |
2016 | 46% | 23% | 18% | 13% | 267.323 |
2017 | 44% | 21% | 18% | 13% | 234.340 |
2018 | 56% | 18% | 14% | 12% | 245.100 |
2019 | 46% | 24% | 14% | 12% | 204.632 |
2020 | 42% | 28% | 13% | 17% | 116.637 |
Un gap ormai insostenibile
Cosa fare di fronte ad una crisi di tali proporzioni? Occorre sicuramente ripensare alle politiche abitative nel loro complesso, perché il fondo a sostengo della locazione o il fondo per la morosità incolpevole, relativi alla legge 431 del 1998, sono strumenti di breve periodo e hanno dimostrato di non riuscire ad arginare le crisi, anche solo quelle passate. La prospettiva delineata dal Pnrr, che prevede di realizzare uno stock di nuove abitazioni di Ers (Edilizia residenziale sociale), può costituire una risposta, ma sicuramente non per l’immediato, più probabilmente nel lungo periodo.
Temi come la costituzione delle Agenzia Casa, le rinegoziazioni dei canoni con sostegno pubblico, le cartolarizzazioni sociali di immobili incagliati, il riuso dello sfitto (sia pubblico che privato) sono invece strade da percorrere nell’immediato, sia per arginare la presente crisi, ma soprattutto per ridurre un gap di politiche e di strumenti ormai ampio e insostenibile.
Sarà importante anche solo parlare delle tante fragilità osservate con il massimo pudore per le famiglie, ma anche con uno spirito di giustizia verso gli ultimi. Nel tentativo, serio, di compiere effettivi e risolutivi passi in avanti nella lotta al disagio abitativo.
Aggiornato il 14/10/21 alle ore 22:49