La vita che diventa Missione
(nella foto, suor Luisa è la prima a sinistra, seduta; Clara Zampaglione la prima a destra)
Oggi, nel giorno del suo 65° compleanno e a due giorni dal suo brutale assassinio, Caritas Italiana vuole ricordare suor Luisa Dell’Orto, suora lecchese delle Piccole sorelle del Vangelo di Charles de Foucauld, attraverso le parole di alcuni operatori che hanno potuto camminare insieme a lei per testimoniare la vita degli ultimi qui ad Haiti.
Suor Luisa è stata uccisa sabato 25 giugno nella capitale haitiana, Port-au-Prince. Viveva nell’isola da 20 anni dove era impegnata con i ragazzi di strada di Delmas 31. È in questo quartiere periferico fatto di baracche e piccolissime case che sorge il centro Kay Chal. Con lei che è stata una guida, una madre per tutti i bambini accolti nel suo centro negli ultimi 10 anni e che in esso sono cresciuti, costruendo giorno dopo giorno dentro quegli spazi una speranza per il proprio futuro.
Il suo omicidio sembra sia stato uno dei tanti casi di violenza fine a sé stessa, reso possibile anche dalla proliferazione di armi qui ad Haiti. Non sappiamo chi ha sparato, né perché, ma suor Luisa non aveva nemici. Era una testimone di pace e amore.
Sono giorni di grande dolore per chi, come me, ha potuto condividere insieme a lei un cammino di vita, di missione o di amicizia. Suor Luisa era un punto di riferimento importante per tutti gli operatori di Caritas che si sono succeduti negli anni, una consigliera saggia con cui confrontarsi ogni qual volta questo Paese ci lasciava tramortiti per un nuovo episodio di violenza o una nuova crisi. Ma anche una amica con cui sedersi all’ombra di un pergolato a bere un caffè e chiacchierare del grande potenziale di Haiti, nel quale credeva profondamente. Una donna integra e piena di coraggio, così gracile in apparenza e così forte di temperamento. Il suo ricordo è permeato dall’umiltà e dall’eleganza della sua presenza.
Ascolta l’intervista a Clara Zampaglione
Spesso ci si confrontava sull’opportunità di rimanere ad Haiti, ma da parte sua mai un dubbio, come lei stessa scriveva tempo fa a un gruppo missionario: «Mi direte che sono un po’ folle. Perché restare qui? Perché esporsi al rischio? Che senso ha vivere in questo disagio? Non sarebbe meglio che la gente risolvesse da sola i suoi problemi? Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato, poter contare su qualcuno è importante per vivere! E testimoniare che si può contare sulla solidarietà che nasce dalla fede e dall’amore di Dio è il più grande dono che possiamo offrire. Se qualcuno della famiglia è malato non è che lo si lascia solo. È proprio lì il momento in cui uno sta più vicino alle persone. Questo popolo diventa la nostra grande famiglia. La famiglia dei figli di Dio. E in questa famiglia si condividono le gioie e le sofferenze».
«Suor Luisa era una persona di grande carisma, è stata capace di integrarsi in un quartiere difficile dove era ben voluta dagli abitanti e legatissima al centro Kay Chal» ci racconta Alessandro Cadorin, operatore di Caritas Italiana ad Haiti tra il 2017 e il 2020, legato alla missionaria da un rapporto di lavoro e amicizia. «Era un piacere parlare con lei perché sapeva darti un punto di vista lucido sulla situazione in corso. Una donna di grande intelligenza, anche forse un po’ radicale nei modi, ma sempre coerente. Per questa sua dedizione alla causa poteva lei stessa, per certi versi, essere una figura scomoda, perché rappresentava una speranza ma anche un argine al proliferare della criminalità in quel quartiere. Lei stessa attraverso il suo lavoro pedagogico dava una speranza, una alternativa ai giovani di quella zona. Per me è una sorta di eroina, una persona che ha sacrificato la sua vita a quel quartiere, alla sua gente, con una coerenza e un coraggio incredibili».
Suor Luisa ha dedicato la sua vita agli ultimi, in particolare ai bambini. Dopo il terribile terremoto che ha colpito Haiti nel 2010, con la sua congregazione aveva fondato il centro Kay Chal nel poverissimo sobborgo di Delmas 31. Qui suor Luisa e i professori del centro fornivano un’istruzione di base a tutti quei bambini che per difficoltà economiche o perché impegnati nel lavoro domestico, non potevano accedere al sistema scolastico. Oltre alla scuola del mattino, il centro offriva anche corsi di calcio, capoeira, basket e attività manuali per fornire ai ragazzi del quartiere un’alternativa alla vita di strada.
«Quello che è accaduto mi lascia senza parole, ma so che non dobbiamo soffrire per la sua perdita, bensì gioire per aver avuto il dono di incontrarla». Letizia Scaccabarozzi, educatrice di lunga data del centro Kay Chal ricorda suor Luisa come sempre disponibile, presente anche quando la vita ad Haiti non era semplice. «Luisa credeva fortemente nell’educazione come strumento per poter garantire un futuro a questi ragazzi e strapparli così alle bande armate sempre in cerca di nuovi giovani. È stata per molti di loro una mamma, un’amica, la persona su cui potevano contare in ogni momento. Capace di mettere sempre gli altri al primo posto. Tutto il quartiere è rimasto sconvolto dalla notizia: i ragazzi di Kay Chal hanno perso la loro mamma ma l’amore che ha seminato in tutti questi anni di sicuro continuerà a fiorire».
La fiducia e la stima reciproca tra gli operatori di Caritas Italiana e suor Luisa ha dato vita negli anni a numerose collaborazioni, tra le quali ricordiamo la costruzione della nuova sede del centro Kay Chal nel 2017, con i fondi raccolti dalla Caritas Italiana durante la colletta promossa dalla CEI dopo il catastrofico terremoto che aveva colpito Haiti nel 2010, ma anche il finanziamento nel corso del tempo di attività di doposcuola ludico-ricreative. Inoltre per diversi anni il centro ha beneficiato della presenza di volontari Caritas in servizio civile, che in vari modi hanno contribuito allo sviluppo e allo svolgimento delle attività.
Caritas Italiana, unendosi al dolore e alla preghiera a tutti i missionari espressi dalla Conferenza episcopale italiana, manifesta prossimità ai familiari e alla Congregazione.
Che la Tua preziosissima eredità, cara suor Luisa, possa continuare a dare frutti.
Foto: Letizia Scaccabarozzi
Aggiornato il 27/06/22 alle ore 10:53