Affrontare la transizione
Esiste ancora molta ambiguità sul tema della transizione ecologica, spesso trattata come il risultato di scelte politiche su cui dobbiamo discutere e mediare punti di vista spesso in opposizione. A questa confusione contribuiscono anche le istituzioni… Quando il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans dichiara che «la transizione avverrà in modo equo o non avverrà, perché la gente non la accetterà», nutre l’idea che i cambiamenti già in corso sul pianeta possano essere rifiutati oppure rimandati.
Quello che ci dice la realtà intorno a noi è però ben diverso: effetti sempre più visibili del cambiamento climatico, numeri sempre più alti di migranti e profughi ambientali, crescenti disuguaglianze, conflitti, crisi energetica e alimentare… ci parlano di una transizione che è già ampiamente in corso, che noi lo vogliamo o no. La scelta non è se intraprendere o meno la transizione; ma se gestirla, oppure consentire che abbia luogo senza alcun accompagnamento da parte nostra, lasciando che il suo prezzo venga pagato dalle persone e dai gruppi sociali più fragili e vulnerabili.
Affrontare e gestire la transizione – che comunque arriva in modo del tutto indipendente dalle nostre scelte! – non è cosa facile. Serve il contributo di tutti e di ciascuno: le istituzioni, i decisori politici, le associazioni, le imprese, i cittadini… Pur nelle difficoltà che quotidianamente vengono affrontate, ognuno può e deve fare la propria parte in questo faticoso percorso, di cui tutti volenti o nolenti siamo attori. E per questo serve un orizzonte comune, rappresentato da quella Strategia per lo Sviluppo Sostenibile la cui revisione è stata coordinata dal Ministero dell’Ambiente in un percorso lungo e complesso, e al cui interno si sono aperti importanti spazi di partecipazione. La Caritas, assieme a molte organizzazioni della società civile organizzata, ha partecipato attivamente a questo processo, fornendo un contributo importante.
In tempi come quelli in cui viviamo, dove ogni scelta sembra inesorabilmente destinata a generare contrapposizioni e radicalismi, il fatto di aver delineato un quadro di senso condiviso che ci aiuta a mantenere una prospettiva di “bene comune”, non è davvero un risultato secondario! E questo è stato ben compreso dalle amministrazioni regionali e dalle città metropolitane che stanno sviluppando le loro strategie locali, con percorsi di partecipazione anche a livello locale. Si aprono così opportunità per costruire nuovi spazi di cittadinanza, che andranno abitati con impegno e responsabilità; ma è un percorso che anche a livello internazionale si è segnalato come un esempio significativo: mettere insieme la ricerca di piste di lavoro per problemi sempre più complessi, e una consapevolezza sempre più condivisa tra istituzioni, società civile, imprese, attori non statali.
Un approccio assolutamente generativo, e sostenuto con forza da amministrazioni locali di ogni colore politico, a cui manca però solo l’ultimo passaggio. Per rendere definitiva la nuova Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile e il piano di coerenza delle politiche, dopo il passaggio nella Conferenza Stato Regioni del settembre 2022, manca soltanto l’approvazione del Comitato Interministeriale per la Transizione Ecologica… Ma con il nuovo governo il CITE non è stato mai convocato, bloccando di fatto la governance della transizione.
Perché non completare questo percorso? È ciò che ha chiesto un gruppo davvero ampio di reti e organizzazioni della società civile e degli attori non statali, tra cui GCAP Italia, Asvis, Forum del Terzo Settore, Forum Disuguaglianze e Diversità, ACLI, CittadinanzAttiva, e altri. Un vasto cartello dei mondi dell’associazionismo e del volontariato, dell’ambientalismo, dell’attivismo civico, della cooperazione allo sviluppo, dei movimenti giovanili, che hanno inviato una
al ministro dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, Pichetto Fratin, per chiedere che il CITE venga convocato al più presto. Si tratta di un passaggio istituzionale, relativamente poco visibile; ma urgente e necessario per continuare a camminare e a dialogare in un mondo che ha davvero un disperato bisogno di questo.
Anche Caritas Italiana ha sottoscritto questa lettera aperta, proprio perché deve essere colto e rilanciato con forza ogni segnale di dialogo e “buona partecipazione” nel costruire un orizzonte in cui ci ritroviamo a lavorare per una prospettiva comune. Se la “Laudato Si’” ci ha indicato con profetica chiarezza che è necessario pensare alle soluzioni per una crisi socio-ambientale in cui i diversi aspetti sono inestricabilmente connessi, si tratta ora di applicare concretamente la strada dell’amicizia sociale e della carità politica, indicataci dalla “Fratelli Tutti”.
«Riconoscere ogni essere umano come un fratello o una sorella e ricercare un’amicizia sociale che includa tutti non sono mere utopie. Esigono la decisione e la capacità di trovare i percorsi efficaci che ne assicurino la reale possibilità. Qualunque impegno in tale direzione diventa un esercizio alto della carità. Infatti, un individuo può aiutare una persona bisognosa ma, quando si unisce ad altri per dare vita a processi sociali di fraternità e di giustizia per tutti, entra nel “campo della più vasta carità, della carità politica”.[165] Si tratta di progredire verso un ordine sociale e politico la cui anima sia la carità sociale.[166] Ancora una volta invito a rivalutare la politica, che “è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose della carità, perché cerca il bene comune”» (FT 180)