«Con Caritas, presenza capillare sul territorio»
Massimo Ciampa, segretario generale Mediafriends Onlus. La percezione di un brand da parte dei consumatori come cambia dopo l’adesione a progetti sociali?
«Cambia molto e per noi è davvero importante. Lo è sia per Mediafriends, l’associazione, sia per i soci che hanno voluto Mediafriends, ovvero Mediaset, Mondadori e Medusa. Sono realtà profit che fanno della sostenibilità e dei bilanci di sostenibilità uno dei punti più importanti della propria attività».
L’azienda da cui nasce Mediafriends quali competenze riconosce al Terzo settore?
«Tantissime: dall’advocacy all’aiuto delle persone più in difficoltà, alla capacità e velocità di segnalare all’opinione pubblica i reali problemi quotidiani della gente, fino al tema forse più importante che è quello della sussidiarietà: lo Stato ha delegato molte cose al mondo del Terzo settore, che con competenza le porta vanti».
Più in generale: il mondo del business attualmente che valutazione fa del mondo non profit?
«Il mondo del business è sempre più attento al lavoro che sta facendo il Terzo settore, proprio rispetto al tema della sostenibilità, che sta diventando sempre più centrale anche per il mondo delle aziende. Dopodiché cambiano le metodologie. Le aziende hanno bisogno di avere delle persone con cui dialogare che parlino la loro stessa lingua e che non si presentino semplicemente con l’idea di chiedere del denaro, ma possano proporre dei progetti nei quali le aziende stesse trovano poi una ragion d’essere. Insomma: non si parla più di beneficenza tout court. Le aziende stesse vogliono qualcosa di più: far parte di un meccanismo che possa modificare le cose».
Come avviene il processo di avvicinamento a un ente non profit?
«Soprattutto per le emergenze nazionali, molto spesso le aziende mettono a disposizione anche materiale prodotto da loro stesse. E comunque cercano di lavorare in ambiti che siano vicini al loro core business. Ad esempio: un’acqua minerale probabilmente sarà più interessata a temi legati alla siccità o alla realizzazione di pozzi, o all’irrigazione. La nostra azienda ha voluto addirittura un ente del Terzo settore – appunto, Mediafriends – e cerchiamo di occuparci del maggior numero possibile di situazioni che ci vengono proposte. Anche per noi vale quanto detto per altre aziende: alcuni progetti che seguiamo sono molto vicini al nostro tema, quello della comunicazione. Stiamo lavorando sui bambini nelle aree più disagiate delle città con proposte in ambito sportivo e musicale. Lo sport e la musica costituiscono parti importanti dei nostri palinsesti televisivi».
Quando scegliete di collaborare con Caritas, conta più la riconoscibilità del marchio o la presenza capillare sul territorio?
«Dipende. Nel caso dell’Ucraina ha ovviamente contato il logo. Ci interessava capire se una grande organizzazione italiana che operasse in tutto il mondo come Caritas avesse progetti in Ucraina e per i profughi e se potevamo dare una mano. Nel caso, invece, dell’alluvione in Emilia Romagna, la prima cosa che ho fatto è stata telefonare al direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello, e chiedergli cosa si potesse fare. Lui si è confrontato con i direttori delle Caritas diocesane che insistono sui territori colpiti e nel giro di due giorni abbiamo avuto delle risposte precise. Abbiamo così individuato un progetto che ora sosteniamo».
Una recente ricerca di Fondazione Italia solidale con Mediafriends Onlus ha indagato il rapporto tra enti del Terzo settore e mondo corporate. La ricerca registra una crescita sia nella quantità che nella qualità delle collaborazioni. Quando una collaborazione cresce in termini qualitativi?
«Quando non ci si accontenta più di dire: faccio una donazione a questa associazione piuttosto che a quell’altra perché mi stanno simpatici, perché lavorano con i bambini, ecc. Cioè, quando non si fa più solo beneficenza ma si cerca di entrare nel tessuto della società in cui c’è bisogno con dei progetti che accompagnano le persone. In molte aziende, per esempio, si fa una cosa che ritengo straordinariamente importante: si permette ai propri dipendenti di destinare un giorno o due all’anno del proprio lavoro per impegnarsi con determinate associazioni, quindi portare un aiuto concreto e personale».
Ci racconta il valore educativo di un progetto che sostenete?
«Promuoviamo una serie di progetti con i cosiddetti NEET, i ragazzi che non studiano e non lavorano: diamo loro la possibilità di imparare un mestiere da un artigiano che li segue nella sua bottega. Attraverso alcune associazioni facciamo arrivare al ragazzo del denaro, ma allo stesso tempo riconosciamo anche all’artigiano una piccola quota per il lavoro che fa con il giovane. Da questo sortisce non soltanto il fatto che i giovani possano imparare un lavoro, ma soprattutto che si rimettano in moto le energie, cioè la voglia di scoprire il mondo, di capire che davanti a loro hanno un futuro da costruire con le proprie mani».
Il ritorno di reputazione su consumatori e investitori come si misura al di là di una maggiore adesione alla raccolta fondi, offerte ecc.?
«Il ritorno è legato molto spesso a una delle cose più importanti della nostra attività: la rendicontazione, cioè il fatto di riuscire a capire come sono stati spesi o come vengono spesi i soldi raccolti. E poi quando andiamo a lavorare con un’associazione verifichiamo con molta attenzione la sua fotografia, quello che ha fatto finora e come lo ha fatto. E diventa secondaria la grandezza o la notorietà dell’ente. Ci sono associazioni molto piccole che nascono dalla spontaneità di genitori che hanno perso il figlio per una malattia e hanno deciso di impegnarsi nel nome del figlio ad aiutare altre famiglie a superare lo stesso problema o a cercare di alleviarlo. Anche se sono piccole non significa che queste associazioni non siano valide».
Dal 2004 Massimo Ciampa è segretario generale di Mediafriends Onlus. Questi circa venti anni hanno cambiato il suo sguardo sulle cose?
«Sì, lo hanno cambiato perché io ho svolto per trenta anni anche il lavoro commerciale all’interno del gruppo, vendevo la pubblicità. Lavorare nel mondo della comunicazione e della pubblicità significa stare in un ambiente dove è tutto bello, ecc. Riuscire a dividere la mia giornata tra la pubblicità e la realtà faticosa che tantissima gente incontra ogni giorno, e che ho conosciuto grazie a Mediafriends, ti permette di mantenere i piedi ben saldi per terra».
Esperienze del genere, come quella di Mediafriends, oltre a far crescere l’azienda profit che ha voluto l’associazione, fanno crescere anche i dipendenti?
«C’è una crescita di attenzione. Lenta – stiamo parlando di un’azienda di tante migliaia di persone – però è qualcosa che aumenta, e ha avuto un’accelerazione dal momento in cui si è costruita una comunicazione interna al nostro gruppo, comunicazione che comprende anche tutta l’attività di Mediafriends. E questo ha sicuramente dato un impulso. Stiamo anche facendo delle considerazioni sul volontariato aziendale. Non è un tema semplicissimo perché coinvolge uffici del personale, strutture sindacali. Non è una cosa che può nascere dall’oggi al domani. Però ci stiamo pensando ed è importante».
Quando Massimo Ciampa andrà in pensione, come continuerà a occuparsi degli altri?
«Ma io sono già in pensione! E continuo a occuparmi degli altri…».