Il sospiro di Olotayan
Filippine. È sabato. Il primo sabato nel posto dove trascorrerò un anno. Proprio qui, in questo letto, dove sono ora sdraiato, passerò mesi e mesi. Il mio lavoro sarà concentrato in ciò che in questi tre giorni scarsi ho visto. Ovviamente ci sarà anche altro, ma il primo assaggio è ciò che lascia forse più gusto. O perlomeno ruba per un po’ lo spazio ad altre sensazioni, ad altri sapori che hanno caratterizzato le scorse giornate. Paure. Senso di inadeguatezza. Competizione. Sussurri che non mi abbandonavano nemmeno per un istante e che hanno reso pesante l’inizio del tutto. Li voglio ancora, non sono pronto ad essere carico. Vorrei camminare ancora piano senza pretendere di strafare.
Camminando sui legni di una barchetta. Solcando luoghi stupendamente banali. Senza conoscere niente. Rimanendone quasi innamorato. È strano. È particolare che questa sensazione mi prenda.
È la difficoltà che mi fa vivere questo? No, forse no; è quel filo invisibile che mi ha portato a seguire questa così ignota, così affascinante strada. Una sequenza di esperienze, graduale e senza l’ambizione che sia quella corretta. Oggi, sulle spiagge di questa isoletta, chiamata Olotayan, di fronte alla grande isola, mi sono sentito sulla strada. Giusta o sbagliata che sia. Sarà estremamente difficile. Sarà lunga. A volte delle boccate d’aria saranno necessarie. Ma cavolo quanto sono e sento di essere in ciò che cercavo! Le difficoltà non sono mancate. Il frigorifero e l’assenza di acqua. Ma nonostante questo le si vive come arrivano. Devo ancora capire la mia utilità qui. Se sarò pronto a raccogliere le richieste dei miei superiori. Se sarò semplicemente adeguato e prezioso.
Questa esperienza sarà un’altalena di alti e bassi ma non mi piace troppo essere in balia delle emozioni, e quindi vorrei che gli alti non fossero vette non ripetibili e i bassi buche troppo profonde da cui non riuscire a uscire. Vorrei coccolarmi nell’andamento delle onde, senza però perdere la direzione. Sporgermi un po’ senza scivolare dalla barchetta. Perdermi in un mare che non conosco, seduto però su un legno, su un tronco da me lavorato. Valori, riflessioni e sicurezze da me levigate per salpare alla deriva e poi ritrovarmi.
Non cerco me stesso nei volti di queste isole. Lo scopro semplicemente, lo vedo come si pone e si comporta. Mi specchio in queste acque, in questa terra di pescatori senza pretendere di cercare il mio riflesso. Sono tante parole per dire semplicemente che a Olotayan ho trovato quel sospiro che tanto attendevo. Quello scaricare i polmoni di alcune briciole scomode e invadenti, pronte per ricaricarli con qualcosa di ignoto. Di inaspettato. Senza avere la pretesa che sia bello o brutto. Con la consapevolezza che però sia un mattone d’aria da fare mio.
*Casco bianco nelle Filippine, provincia di Capiz
Aggiornato il 02/09/24 alle ore 12:31