16 Ottobre 2024

La relazione di accompagnamento

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Passi per la vita: la relazione di accompagnamento suor Benedetta Rossi .pdf

L’identità di Caritas si declina attraverso l’uso del vocabolario della cura, della prossimità, dell’ascolto, dell’accoglienza, della presa in carico e dell’accompagnamento.

In Caritas crediamo che ogni persona abbia il diritto di essere ascoltata e accompagnata nel proprio cammino di vita. L’accompagnamento della persona è un servizio fondamentale, che si basa su una relazione di ascolto e condivisione, volto a supportare individui e famiglie in situazioni di difficoltà, affinché venga garantita la loro dignità e siano forniti gli strumenti necessari per uscire da tali situazioni.

Il brano dell’evangelista Marco, qui riportato, ci presenta un cammino, attraversato da una serie di espressioni che indicano proprio una relazione di accompagnamento.

IN ASCOLTO DELLA PAROLA

Dal Vangelo secondo Marco (5, 22-43)

«22E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi 23e lo supplicò con insistenza: “La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva”. 24Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.

25Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni 26e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, 27udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. 28Diceva infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata”. 29E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.

30E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: “Chi ha toccato le mie vesti?”. 31I suoi discepoli gli dissero: “Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?””. 32Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. 33E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. 34Ed egli le disse: “Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male”.

35Stava ancora parlando, quando dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?”. 36Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: “Non temere, soltanto abbi fede!”. 37E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo. 38Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. 39Entrato, disse loro: “Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme”. 40E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. 41Prese la mano della bambina e le disse: “Talità kum“, che significa: “Fanciulla, io ti dico: àlzati!”. 42E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. 43E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.

ENTRIAMO NELLA PAROLA

L’evangelista Marco ci conduce ad approfondire l’accompagnamento attraverso due storie che si intrecciano, volutamente presentate insieme, due vicende in cui il lieto fine dell’una sembra sancire la conclusione tragica dell’altra. Presentandoci l’accompagnamento come un percorso, un lungo cammino che parte da un bisogno totale.

Accompagnare come un cammino che costruisce relazioni, un cammino che strappa le persone dalla loro impossibilità di essere in relazione, ma soprattutto un cammino che “costruisce” persone di relazione.

Qui di seguito i passaggi che fa “l’accompagnatore Gesù” per condurre i due protagonisti di questo brano, Giairo e l’emorroissa, al recupero della loro dignità di persone in relazione.

1 | L’accompagnatore che si lascia accompagnare

Il cammino di accompagnamento prende le mosse da un uomo che «si gettò ai piedi» di Gesù portandogli il suo bisogno, un vero e proprio bisogno di salvezza «affinché (mia figlia) sia salvata e viva». Di fronte a questo tipo di richiesta si necessita il coinvolgimento totale dell’interpellato: «vieni e imponile le mani». Il capo della sinagoga vuole condurre Gesù fin dentro casa sua, fin dentro la sua intimità. E Gesù «andò con lui». Questo ci mostra il primo atteggiamento necessario in una relazione di accompagnamento: all’inizio non è Gesù che accompagna il capo della sinagoga, ma si verifica esattamente l’opposto. L’accompagnatore si lascia accompagnare.

2 | L’accompagnatore che si lascia toccare

La strada verso la casa del capo della sinagoga non è delle più agevoli, infatti «una grande folla gli si stringeva intorno». Gesù si lascia toccare e questo diviene uno strumento decisivo nella relazione di accompagnamento: il corpo dell’accompagnatore è coinvolto nel percorso di accompagnamento e liberamente “consegnato” alla folla. Proprio in virtù della folla che gli si stringeva intorno, una donna «affetta da flusso di sangue» riesce a trovare il coraggio e la via per la sua liberazione. La libertà di Gesù ha, in qualche modo, provocato la libertà della donna; lasciandosi stringere dalla folla Gesù ha offerto a questa donna una possibilità di relazione, una possibilità di contatto che le consentisse di superare il suo isolamento; il corpo del maestro stretto dalla folla si è incontrato con il corpo della donna. Questa donna mossa dal suo desiderio di salvezza ha già ottenuto la guarigione, ma ha bisogno ancora di essere accompagnata.

3 | Da accompagnato ad accompagnatore: la libertà provocata

Se fino ad ora Gesù ha “accompagnato” lasciandosi accompagnare, lasciandosi stringere dalla folla e toccare dalla donna, a questo punto egli assume un ruolo diverso, prendendo l’iniziativa. «Avendo avvertito in se stesso», o meglio: “avendo riconosciuto”, si tratta di un verbo che implica un discernimento. Il discernimento è saper riconoscere in ciò che appare casuale la particolarità e unicità di un incontro. Il gesto della donna conteneva una richiesta precisa di aiuto, di comunicazione, di contatto, e Gesù sa riconoscere questa richiesta. Egli risponde ad essa con lo sguardo, ciò che consente alla donna di essere accompagnata in un definitivo cammino di liberazione. Proprio questo sguardo, infatti, chiama in causa la libertà della donna e le offre la possibilità di venire allo scoperto per assumere consapevolmente nella propria vita la nuova condizione di guarita.  Accompagnare diventa così condurre l’altro a ripercorrere la sua storia, far sì che l’altro la possa ripercorrere perché non è più da solo, perché è stato strappato dall’isolamento e dall’emarginazione.

4 | Il dramma del fallimento

Se fino a questo punto l’accompagnatore ha fatto sì che una ferita venisse scoperta e medicata, il seguito del brano ci mostra un movimento opposto e complementare che caratterizza allo stesso modo l’accompagnamento. Esistono infatti ferite da far uscire allo scoperto, ma esistono anche drammi in cui entrare. Gesù si lascia accompagnare dentro un dramma, che si fa sempre più acuto, fino ad arrivare a un punto di non ritorno, un punto in cui la speranza è impossibile. Infatti, «dalla casa del capo della sinagoga giunsero alcuni che dissero (a Giairo): Tua figlia è morta! Perché disturbi ancora il maestro?».

La richiesta di Giairo è fallita, l’accompagnamento di Gesù non ha avuto l’effetto sperato. Ecco il terrore comprensibile che si impadronisce dell’uomo, se il timore era radicato nella distruzione di tutte le relazioni, ciò che può far uscire da questa angoscia è solo un’esperienza di relazione. Ecco che Gesù da accompagnato si fa “accompagnante” e prende le redini della situazione, liberandosi del suo seguito, indica la volontà di una relazione personale, più profonda con quest’uomo.

Di fronte a tutto ciò, accompagnare significa prendere l’altro con sé perché sia dove sono io: questo non significa sbrigativamente togliere l’altro dalla sua casa, ma piuttosto essere con l’altro nella sua casa. Se io sono nel suo dramma, aiutare anche l’altro a esserci, entrare nella stanza più segreta, quella che nasconde il mistero di una morte che si trasforma in vita.

5 | La paternità ridonata

Gesù entrato nella stanza prende la fanciulla per mano. Ancora una volta vediamo il corpo di Gesù che abbatte le distanze e tocca un cadavere, considerato da tutti impuro. Non c’è niente che possa trasmettere l’impurità a chi accompagna, piuttosto è colui che accompagna che ridona vita e bellezza.

Assieme al gesto, una parola: «Talithà kum», ed è proprio la parola quella che ridona la vita. La fanciulla viene risuscitata e, risuscitando la figlia, si offre di nuovo a Giairo la possibilità di essere padre, facendo rivivere la sua relazione di paternità. Ecco la conclusione per Giairo del percorso di accompagnamento: colui che era accompagnato diventa egli stesso capace di accompagnare.

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Aggiornato il 16/10/24 alle ore 13:40