21 Agosto 2024

Contro i discorsi d’odio sui social. Non siamo soli

Lo scenario, le risorse, le proposte

Nei precedenti articoli relativi al fenomeno dei discorsi d’odio sui social ho cercato di seguire una linea di pensiero che partisse dalla necessaria concettualizzazione di questo preoccupante fenomeno. Ho poi affrontato questioni correlate come, ad esempio, l’amplificazione del razzismo quando esso si manifesta sui social e l’importanza di comprendere che gli ambienti online e offline non sono due realtà indipendenti e scollegate. Anzi, entrambi fanno parte della stessa realtà, tanto che gli atteggiamenti e i comportamenti manifestati nell’ambiente online causano impatto e dolore nella vita reale delle persone. Ho inoltre parlato dei rischi legati a un’eccessiva fiducia negli strumenti di intelligenza artificiale, soprattutto quando privi di un minimo senso critico.

Ritengo sia giunto ora il momento di discutere le possibilità di combattere il fenomeno dei discorsi d’odio sui social. Naturalmente non si tratta di un compito facile, altrimenti il problema sarebbe già stato risolto da molto tempo. Non penso nemmeno di potere affermare di avere la bacchetta magica per la soluzione definitiva.

Tuttavia, credo nell’importanza sia del dibattito democratico alla ricerca di soluzioni che nell’efficacia di proporre idee e suggerimenti fondati per affrontare il problema. In questo senso, come ho già scritto nell’aprile 2018 in un testo pubblicato con il titolo Forme contemporanee di razzismo e intolleranza sui social, sostengo che la lotta al fenomeno dovrebbe coinvolgere diversi fronti di azione basati su quattro pilastri:

1. l’educazione come forma di prevenzione; 2. l’aggiornamento delle leggi; 3. la promozione di campagne di sensibilizzazione dell’opinione pubblica; 4. la partecipazione attiva delle aziende proprietarie di piattaforme social.

È importante sottolineare che queste proposte mostrano un notevole grado di convergenza con le argomentazioni presentate nel novembre 2020 dalla Commissione per i diritti umani delle Nazioni Unite volte a combattere i discorsi d’odio sui social a livello internazionale. Inoltre, sono anche in linea con il rapporto pubblicato in Italia nel febbraio 2021 dal Gruppo di lavoro sul fenomeno dell’odio online istituito dal Dipartimento per la trasformazione digitale. In questo documento, gli esperti raccomandano, ad esempio, l’attuazione di azioni educative come misura preventiva contro la diffusione dei discorsi di odio, nonché l’aggiornamento delle leggi per affrontare questo nuovo fenomeno.

Detto ciò, visto che in Italia gran parte degli utenti dei social sono giovani tra i 15 e i 20 anni, in primo luogo sarebbe di fondamentale importanza realizzare iniziative educative per formare una nuova generazione più consapevole delle conseguenze dell’odio online e più tollerante. Questo pubblico dovrebbe essere orientato ai seguenti cinque aspetti principali:

  1. Comprendere che gli ambienti online e offline non sono dissociati l’uno dall’altro, per cui gli atteggiamenti e i comportamenti espressi sui social possono avere un impatto negativo sulla vita delle persone.
  2. Imparare che esistono possibili conseguenze giuridiche per chi si dedica alla diffusione di intolleranza razziale e xenofobia online.
  3. Essere adeguatamente informati su come e a chi fare rapporto nel caso in cui si sia esposti oppure vittima di questo tipo di contenuti inappropriati.
  4. Capire come evitare di contribuire all’amplificazione e al riverbero di tali voci intolleranti, evitando di replicare i contenuti sui propri canali social.
  5. Evitare di partecipare a discussioni e dibattiti sui social con persone intolleranti perché, invece di un dialogo civile, essi si “nutrono” di controversie e cercano sempre un “palcoscenico” e un “pubblico” per diffondere l’odio.

In secondo luogo, le autorità governative dovrebbero promuovere campagne educative per sensibilizzare la popolazione in generale sul fatto che l’ambiente virtuale non è una sorta di dimensione parallela in cui non si debbano applicare le regole della società civile. Tali campagne dovrebbero comunicare chiaramente che esistono conseguenze legali per gli atti di intolleranza razziale, xenofobia, omofobia, misoginia e discorsi d’odio sui social, e che l’adozione di tali comportamenti ha gravi ripercussioni negative sulla vita delle persone.

Un altro aspetto importante è l’aggiornamento delle leggi per affrontare questo fenomeno contemporaneo, poiché in molte circostanze le leggi esistenti non riescono a punire gli abusi in modo soddisfacente. Un esempio interessante è quello della Germania, che nel giugno 2017 ha approvato una legge che impone alle aziende proprietarie di piattaforme social la rimozione immediata di contenuti offensivi, materiale illegale e fake news entro 24 ore, con il rischio di essere multati fino a 50 milioni di euro.

Inoltre, la classe politica dovrebbe fare pressione sulle grandi aziende proprietarie delle principali piattaforme social affinché implementino strumenti più efficaci per la rapida rimozione dei contenuti offensivi segnalati dai loro utenti.

Diversi rapporti e studi rivelano che, nella maggior parte dei casi, i tempi di risposta delle aziende sono troppo lenti, il che, di conseguenza, crea un senso di impunità tra la popolazione quando si tratta di abusi commessi online.

Infine, le politiche sulla privacy delle aziende, che dovrebbero comunicare chiaramente ai loro utenti che le piattaforme social non sono un paradiso di impunità, come molti credono. Ciò significa che, su richiesta formale di autorità competenti, possono essere forniti i loro dati personali e devono rispondere per loro azioni in conformità con il sistema legale in vigore nel Paese.

Ritengo quindi che la combinazione di queste azioni abbia il potenziale per combattere e/o ridurre l’incidenza e l’impatto del fenomeno dei discorsi d’odio sui social, agendo sia in via preventiva attraverso azioni educative, di chiarimento e di sensibilizzazione, sia punendo gli autori degli abusi. In breve, queste proposte non rappresentano forse la soluzione definitiva al problema, ma credo che indichino almeno le possibili strade da percorrere e che possano aiutare la società a guardare questo fenomeno in una prospettiva critica diversa e molto più informata.

In aggiunta ai quattro pilastri spiegati nei paragrafi precedenti, vorrei presentare ai lettori il breve elenco di alcuni meccanismi e risorse disponibili in Italia per sottoporre denunzie di abusi online e dove cercare aiuto se voi stessi (oppure qualcuno che conoscete) siete vittima di questa pratica esecrabile. Non siete soli.

  • Anti Hater – Associazione di promozione sociale | Informa sui reati e sulle conseguenze delle azioni delittuose on line; sensibilizza sulle forme di violenza e odio online; fornisce supporto, consulenza e assistenza per combattere l’odio online e i reati a esso collegati; è punto di riferimento per le vittime di diffamazione e altri crimini di odio compiuti sul web; utilizza le migliori tecnologie per combattere l’odio online; suggerisce alle vittime incolpevoli dei cyber reati gli strumenti per difendersi; prospetta la possibilità di opportune azioni legali.
  • OSCAD – Osservatorio per la sicurezza contro gli atti discriminatori | Opera presso il dipartimento della Pubblica sicurezza, direzione centrale della Polizia criminale, per fornire un valido supporto alle persone vittime di reati a sfondo discriminatorio (hate crime o crimini d’odio), agevolare la presentazione di denunce e favorire l’emersione di quei reati.
  • UNAR – Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali | L’Ufficio per la promozione della parità di trattamento e la rimozione delle discriminazioni fondate sulla “razza” o sull’origine etnica è l’ufficio deputato dallo Stato italiano a garantire il diritto alla parità di trattamento di tutte le persone, indipendentemente dalla origine etnica o “razziale”, dalla loro età, dal loro credo religioso, dal loro orientamento sessuale, dalla loro identità di genere o dal fatto di essere persone con disabilità.

Naturalmente questo semplice elenco non rappresenta tutti gli enti e gli organismi che possono offrire sostegno alle vittime, poiché ce ne sono sicuramente molti altri. La cosa più importante però è combattere la naturalizzazione di questo tipo di pratiche sgradevoli, altrimenti c’è il serio rischio che i discorsi d’odio diventino elementi indissociabili dall’ambiente online sia italiano che mondiale. Questo scenario rappresenterebbe una vera sconfitta per tutti noi.