«È l’armonia la risposta alla crisi globale»
Foto: Ramin Bahrami
Tutto nasce da un dono, il dono di mio figlio, nato giusto un anno fa. Da qui la battuta di mia moglie che, per iniziare a fare spazio nel nostro piccolo bilocale, mi disse: «O ci liberiamo del pianoforte o ci liberiamo… del pianoforte». Non era una scelta, ma un amorevole suggerimento. Il pianoforte verticale che occupava buona parte del nostro soggiorno è stato quindi sì trasferito, ma sempre seguendo la logica del dono. Ho donato il pianoforte alla Caritas Lodigiana ed è stato posizionato nel centro diurno di Casa San Giuseppe, una casa che ospita le persone senza dimora.
Da un anno, da felice papà, con Caritas Lodigiana abbiamo inaugurato una serie di iniziative musicali che uniscono carità e cultura, così condensate nelle parole del direttore Caritas, Carlo Bosatra: «Il binomio carità-cultura ha il pregio di non limitare l’esperienza della carità ai gesti, preziosi, della prossimità, ma di far posto a pieno titolo a quella carità che nutre la persona nella sua interezza, nei suoi bisogni e nella sua ricerca di verità e di senso. Carità e cultura davvero si appartengono, anche se i modi di questa relazione possono essere diversi».
Questa attenzione ci ha permesso di sensibilizzare non solo tante persone, ma anche istituzioni con le quali collaboriamo da tempo: in questo caso specifico, la Fondazione Comunitaria della Provincia di Lodi. In occasione della VII Giornata mondiale dei Poveri, che si celebrerà il prossimo 19 novembre, abbiamo voluto quindi lanciare un messaggio di accoglienza e amore grazie alla musica di Bach, senza distogliere lo sguardo dai poveri.
L’arte come forma di salvezza, quasi un antidoto ai pericoli di una società che sembra aver perso ideali e credenze, preoccupandosi solo del profitto.
Un concerto benefico promosso dalla Fondazione Comunitaria della Provincia di Lodi per raccogliere fondi a favore di Casa San Giuseppe, gestita dalla Caritas Lodigiana.
:: Comunicato stampa della Fondazione Comunitaria di Lodi: “Concerto benefico di Bahrami al Teatro Alle Vigne” :: Biglietti per il concerto ancora disponibili su www.fondazionelodi.org
La mattina del 21, alle 11, dunque a poche ore dal concerto, Bahrami incontrerà le scuole. Una conversazione in musica dal titolo “Perché Bach mi ha salvato la vita” (come il libro che ha pubblicato nel 2012), riflettendo sulla sua esperienza personale, sul valore etico della musica e su alcune questioni mondiali che causano le guerre. Lancerà infine un appello alla pace che passa attraverso l’accettazione delle diversità e l’ascolto degli altri.
Caterina Belloni, della Fondazione Comunitaria di Lodi, ha intervistato il maestro Ramin Bahrami.
Partecipa spesso a eventi benefici?
«Promuovere un concerto di beneficenza è una cosa stupenda. Io penso che la risposta alla crisi contemporanea sia nell’armonia, nell’accoglienza e nell’amore. Tutti elementi che stiamo perdendo, dando troppo spazio a questa economia sporca, alla radice di tutti i conflitti che stiamo vivendo in Oriente e in Occidente e di tutti i guai che ha l’uomo al giorno d’oggi».
Secondo lei quale sarebbe il problema principale?
«Abbiamo dimenticato la capacità di ascolto, di cui Claudio Abbado mi parlò prima di morire. L’idea del maestro Abbado era che l’elemento più importante – non solo nella musica ma anche nella vita – fosse l’accoglienza, l’ascolto».
Mi sembra entusiasta dell’esibizione a Lodi.
«Mi piacciono attività come il concerto della Fondazione Comunitaria di Lodi, che le fa onore. Ho accettato di partecipare perché, dove posso, voglio portare il verbo affascinante di Johann Sebastian Bach, che si basa proprio sul valorizzare le differenze».
Che nel mondo non vengono sempre accettate.
«È il motivo per cui adesso abbiamo tutti questi problemi. Guardi cosa sta succedendo nel mio Medio Oriente e nei Paesi slavi. Dietro c’è una politica malsana, una politica corrotta. Abbiamo sostituito l’intelligenza umana con l’intelligenza artificiale».
L’arte può aiutare a evitare il peggio?
«La presenza degli artisti, che sono uomini e donne liberi, è estremamente importante perché è un modo per tenersi saldi al valore umano. L’accoglienza, l’ascolto e la cultura sono la risposta ai problemi che stiamo vivendo».
Lei è schierato da sempre a fianco delle donne iraniane che rivendicano i loro diritti.
«Sono stato in prima linea a difendere le ragioni delle mie sorelle iraniane e devo dire che anche in Italia c’è stata una partecipazione popolare molto interessante. Peccato che tagliarsi le ciocche dei capelli o urlare slogan non basti, se poi la politica europea non muove un dito».
In che senso?
«È incredibile osservare come di fronte a qualsiasi crisi, in Ucraina o adesso in Medio Oriente e in Israele, l’Europa si muova, mentre non c’è stata una partecipazione di fronte alle morti iraniane. Per queste persone indoeuropee, gente che è all’origine della cultura dell’Europa, l’Occidente non ha fatto niente. Da uomo di cultura questo mi indigna molto!».
Lei ha già sofferto tanto nel suo Paese, l’Iran, poi ha assistito al conflitto in Ucraina e adesso anche in Israele si combatte. Qual è la sua reazione?
«Mi fa molto spavento ogni volta che da qualche parte nel mondo si arriva a una guerra per interessi economici».