L’eredità di Falcone e Borsellino
Il 31° anniversario delle stragi di Capaci e via d’Amelio, in quella terribile estate palermitana, in cui furono uccisi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e gli uomini delle loro scorte, segnò forse il momento più drammatico della lotta contro la mafia in Sicilia. Questi due uomini restano due simboli, non solo dell’antimafia, ma anche di uno Stato italiano che, grazie a loro, seppe ritrovare una serietà e un’onestà senza compromessi.
Nel ripercorrere quel periodo storico ad affrontare con forza il tema dell’eredità lasciata dai due giudici alle generazioni che sarebbero seguite, Alex Corlazzoli L’eredità (Editore Altreconomia, pagine 128) analizza quanto è rimasto in vita di quei valori di cui si facevano portatori i due magistrati, e quanto quei valori si sono poi trasformati negli anni a seguire. Quello che i ragazzi di oggi non hanno potuto vivere in prima persona, l’autore prova a trasferirglielo attraverso il racconto delle emozioni di chi a quel tempo c’era e fu sconvolto da quegli orribili episodi della nostra storia. Tra gli intervistati, personaggi emblematici della magistratura, ma anche storici e uomini di cultura.
Ma perché Falcone e Borsellino dovevano morire? A questa domanda risponde John Follain I 57 giorni che hanno sconvolto l’Italia (Editore Newton Compton, pagine 307), giornalista inglese inviato in Italia proprio in quegli anni che ricostruisce attentamente la dinamica degli attentati e l’inchiesta che ne seguì: dalla disperata corsa contro il tempo di Borsellino per scoprire chi avesse ucciso Falcone, nella tragica consapevolezza di essere il prossimo della lista, fino alla straordinaria parabola investigativa che portò all’arresto dei padrini Riina e Provenzano. Ma il libro fornisce anche una visione d’insieme senza precedenti sul modo in cui opera la mafia siciliana.
Ma ad oltre un quarto di secolo il loro insegnamento è di attualità per le nuove generazioni, nella strenua lotta contro Cosa Nostra, rappresentando un esempio di legalità e di impegno civile, dimostrazione di quanto per tutti noi Giovanni e Paolo siano ancora vivi, “perché”- come ha sottolineato il Presidente Mattarella, citando Falcone- “la mafia non è affatto invincibile ,un fenomeno terribilmente serio e grave che si può vincere non pretendendo l’eroismo dei cittadini, ma impegnando tutte le forze migliori della società”. Prova ne è l’arresto, lo scorso 16 gennaio, di Matteo Messina Denaro, da parte dei Carabinieri del ROS.