Uno snodo cruciale
Foto di Javier Allegue Barros
L’articolo contiene alcuni preziosi materiali di archivio per approfondire
UN DESIDERIO DI CAMBIAMENTO
I primi anni ’70 sono stati definiti “tumultuosi” per tutto quello che si affaccia nel Paese, a partire da un maggior protagonismo della società civile portatrice di fermenti nuovi, che chiedeva di partecipare attivamente alle trasformazioni politiche e sociali.
Non si deve avere alcuna nostalgia con funzione consolatoria, alcuna idealizzazione di vissuti e persone caratterizzanti il tempo trascorso, ma è necessaria tutta l’attenzione che meritano eventi che hanno segnato la vita della comunità cristiana e non solo, nel nostro Paese.
C’è fermento, desiderio di cambiamento, di ispirare l’azione pastorale alle novità sorte in ambito teologico, insieme alla necessità di organizzare tutto questo dentro un cammino unitario che veda come soggetto attivo il Popolo di Dio nelle sue diverse articolazioni.
1973: “EVANGELIZZAZIONE E SACRAMENTI”
Nel luglio del 1973 c’era già stata una riflessione sul tema, sintetizzata nel documento pastorale dell’Episcopato italiano “Evangelizzazione e Sacramenti”, in cui viene ribadita la missione specifica della Chiesa: comunicare agli uomini la salvezza, compiuta dal Cristo, attraverso l’annuncio del Vangelo e la celebrazione dei Sacramenti. A partire da un assunto teologico imprescindibile nel definire la sua identità: la Chiesa, Sacramento di Cristo1, deve farsi «pienamente e attualmente presente a tutti gli uomini e popoli, per condurli, con l’esempio della vita e la predicazione, con i sacramenti e gli altri mezzi della grazia, alla fede, alla libertà e alla pace di Cristo» (“Ad Gentes”, 5).
Ne consegue la necessità di un continuo e adeguato «rinnovamento» (“Lumen gentium”, 8), non solo in se stessa, ma anche nel modo con cui si rende presente al mondo e vi annuncia il Vangelo in una società sempre più secolarizzata.
In sintesi, un programma pastorale di ampio respiro perché non si tratta soltanto di rinnovare riti, ma di suscitare e accompagnare nelle persone e nelle comunità un “accrescimento di consapevolezza” su come essere soggetti attivi e appassionati dell’annuncio e della testimonianza del Vangelo.
1976: “EVANGELIZZAZIONE E PROMOZIONE UMANA“
L’evento ecclesiale che consolida la riflessione iniziata con il Concilio e poi ulteriormente sviluppata in Italia durante il convegno “Evangelizzazione e promozione umana” del 1976, è rappresentato dal Sinodo dei Vescovi tenutosi dal 30 settembre al 6 novembre 1971. Durante questo convegno, tra le altre cose, viene sottolineato che la promozione umana è una dimensione costitutiva del messaggio di salvezza.
Per quel che riguarda la teologia e la pastorale della Carità, la costituzione di Caritas Italiana, il 2 luglio del 1971, da parte della Conferenza Episcopale Italiana, va in questa direzione. Senza nulla togliere a tutto ciò che è nato in quegli anni sia a livello nazionale che locale e che è impossibile raccontare in poche righe.
Ricordiamo, inoltre, che il Convegno di Napoli su Caritas e Volontariato del 1975, di cui si è scritto in un precedente articolo, si chiude con l’invito di mons. Nervo a tutti i partecipanti a essere parte attiva nel percorso di avvicinamento al convegno “Evangelizzazione e promozione umana”, del 1976, punto di arrivo e di partenza di un percorso che nelle intenzioni della Chiesa italiana «doveva approfondire il legame tra l’evangelizzazione e la promozione umana intesa come sviluppo integrale dell’uomo sia nelle sue dimensioni socio-politiche e culturali, sia nella sua dimensione spirituale e trascendente» (cfr. “Evangelizzazione e promozione umana”).
Ne parleremo in un prossimo contributo.
Il convegno del ’76 è stato l’esito di un percorso corale caratterizzato sia nella fase preparatoria che tra i partecipanti (rappresentanti delle Chiese locali, laici, sacerdoti, diaconi, vescovi, religiosi) da un confronto ampio e franco sulla situazione della Chiesa in Italia.
Un confronto sulla missione evangelizzatrice della Chiesa nella consapevolezza della necessità di un rinnovato servizio pastorale che concretizzasse nel tempo le intuizioni, i contenuti teologici ed ecclesiologici del Concilio Vaticano II, in una relazione feconda tra Parola di Dio, Tradizione e Magistero della Chiesa, che assume la “Chiesa locale” in quanto «espressione della Chiesa come realtà concreta di comunione, partecipazione e corresponsabilità, come incontro dei ministeri e dei carismi diversi […] istituendo e potenziando gli organismi collegiali di partecipazione» ( cfr. “Evangelizzazione e promozione umana”).
E in tutto questo diventa centrale la mediazione culturale così come suggerito dai documenti conciliari “Gaudium et spes” ed “Evangelii nuntiandi”: «Occorre evangelizzare la cultura e le culture dell’uomo, senza nessuna pretesa egemonica, nel senso ricco ed esteso che questi termini hanno nella costituzione “Gaudium et spes”, partendo sempre dalla persona e tornando sempre ai rapporti delle persone tra loro e con Dio» (“Evangelii nuntiandi”).
GLI INTERVENTI
Il 31 ottobre, il giorno prima dell’apertura del Convegno, risuonano forti alcune esortazioni di papa Paolo VI durante l’omelia della Concelebrazione in San Pietro a cui hanno partecipato i convegnisti: «La Chiesa vi invita e vi impegna a un ripensamento della sua missione nel mondo contemporaneo, a una coscienza religiosa autentica e nuova, a un confronto col vertiginoso mondo moderno […]; per evangelizzare occorre essere coraggiosi; non avere paura di nulla e di nessuno (cfr. MT, 10,28). Il che non vuol dire essere spregiudicati e temerari, come oggi è purtroppo costume per alcuni, ma umili e forti, audaci e leali con tutti».
I lavori del Convegno si aprono con tre relazioni all’Assemblea:
“Evangelizzazione e promozione umana in Italia: le Chiese locali si interrogano” | mons. Giovanni Nervo
“Tensioni e speranze della società italiana di oggi” | Giuseppe De Rita
“Esigenze e prospettive dell’evangelizzazione nella società italiana di oggi” | s.e. mons. Filippo Franceschi
Il punto di partenza della riflessione di mons. Nervo è il significato che Paolo VI dà alla parola “poveri”: «In una società dell’abbondanza, la povertà non si misura solo in base al reddito di cui si dispone o al livello di cui si gode. Ma vi è pure una povertà che si riferisce alle condizioni di vita, al fatto di sentirsi respinti dall’evoluzione, dal progresso, dalla cultura, dalle responsabilità… In definitiva il povero è colui che non conta nulla, che non viene mai ascoltato, di cui si dispone senza domandare il suo parere e che si chiude in un isolamento così dolorosamente sofferto che può arrivare talora ai gesti irreparabili della disperazione».
GLI ORIENTAMENTI OPERATIVI EMERSI DAL CONVEGNO
:: La centralità dei poveri nell’azione pastorale della Chiesa con il loro pieno inserimento nella vita della Comunità, potenziando il ruolo delle Caritas senza cadere nella delega a esse. Si ribadisce la necessità di essere accurati nell’analisi del contesto e attenti alla formazione permanente degli operatori pastorali.
:: L’attenzione al mondo del lavoro che ponga al centro la persona coi suoi diritti e doveri, l’equa retribuzione, la lotta allo sfruttamento, la sicurezza sui luoghi di lavoro.
:: L’inesistenza della promozione umana senza l’impegno politico nel rispetto della laicità della politica priva di interferenze e invasione di ruoli.
Fuori da ogni ipocrisia, sappiamo bene quanto la complessità del tempo ha alimentato un dibattito franco sulla salvaguardia e mantenimento del cosiddetto partito dei cattolici; sulla necessità di mantenere uno stretto rapporto tra fedeltà all’ispirazione cristiana, gestione del potere e militanza dei cristiani in diversi partiti politici.
Alla base di questa tensione dialettica c’è un “modo di porsi” che la Chiesa fa proprio in sintonia con il Concilio Vaticano II: un sentimento di stima e di simpatia per tutto il bene che viene fatto nel Paese da chiunque lo compia, una rinnovata presenza storica e sociale dentro la comunità nazionale, biblicamente ispirata, e che ha alle spalle un patrimonio importante che vede negli atti fondativi della Repubblica uno dei momenti più alti del contributo dei cattolici italiani alla rinascita e allo sviluppo del Paese.
Come si diceva all’inizio, nessuna idealizzazione di una stagione trascorsa, ma una lettura che accanto alla drammaticità di alcuni fenomeni come il terrorismo, riporti all’attenzione del nostro tempo i passaggi significativi che hanno consentito al nostro Paese, pur tra tante difficoltà e contraddizioni, di consolidare democrazia e libertà.
¹”Sacrosanctum Concilium”, 5; “Lumen Gentium”, 9; ibidem, 48; “Ad Gentes”, 5.