Ithipon coltiva un sogno
James aspetta questa nascita da tempo. Come per tutte le attese, il suo passeggiare avanti e indietro, attento ai primi segni di novità, è frenetico e senza posa. È un attendere fatto di incontri, telefonate e riunioni, di osservazione attenta della realtà circostante, di una politica incerta e insidiosa che a volte mostra il suo volto sorridente, ma di cui ancora non ci si può fidare.
Come James anche Ithipon attende questa nascita, coltivando con fatica e davvero molto sudore i campi di riso vicino a Thakek, nell’ovest del paese.
Ithipon è il padre di cinque figli, tutti nati nel villaggio, tutti ancora piccoli e faticosamente impegnati nella scuola del villaggio, che si raggiunge solo camminando per più di 4 chilometri in andata e 4 al ritorno. L’agricoltura qui è povera e di sussistenza: si produce il fabbisogno per la famiglia allargata e una piccola quantità per la vendita. Le estati sono torride, la terra si secca fino a creparsi e porta ogni goccia di acqua nelle sue viscere a nutrire mondi sotterranei che, evidentemente, non restituiscono alla superficie la rigogliosità di cui abbisogna.
Attende Ithipon, senza saperlo, questa nascita, che potrebbe dare nuova speranza e riparo a sé e ai suoi figli.
Perché Ithipon ha un sogno.
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La Repubblica Popolare del Laos è un paese del Sud-Est asiatico, confinante con cinque altre nazioni, che ha conosciuto, nelle dinamiche storiche moderne dell’Asia, un destino diverso da quello della maggior parte degli altri stati, con una sorta di colonizzazione da parte della Francia, presente per decenni nella regione, che ha ridisegnato la geografia politica e demografica della piccola nazione.
Dal 1975 il Laos è governato da un regime monopartitico, che ha il suo fulcro in un Partito Comunista che, come spesso accade a tutti gli “ismi”, per una buona parte della sua lunga stagione di governo ha represso ogni forma di differenza, di protesta, di autonomia di pensiero.
Lo sanno molto bene anche alcuni dei vescovi cattolici del Laos che, da giovani studenti e sacerdoti, sono stati incarcerati, torturati e perseguitati.
Ithipon ha un sogno. Il bacino idrico è terminato
da qualche mese. L’acqua raccolta nella stagione
delle piogge è oro per Pong Kiew, il suo villaggio
La siccità non intaccherà
James continua a pensare e programmare, l’attesa di questa nascita si fa sempre più nervosa. Quando tutto sembrava pronto, quando i tempi erano maturi, ecco invece la pandemia, la seconda ondata di contagi. Se il primo passaggio di Covid è stato leggero, e quasi non ha lasciato tracce in Laos, il secondo ha portato qualche disagio: le vittime e i contagiati restano, in termini assoluti e anche relativi, davvero pochi, ma è stata imposta una forte limitazione ai movimenti e alle attività produttive.
Ithipon intanto ha un sogno. Oggi la lentezza tipica del suo paese è diventata, per quanto possa apparire impossibile, ancora più lenta. Sono chiusi i consorzi statali di distribuzione delle sementi; sono bloccati gli spostamenti fino a Thakek, unico mercato in cui sia possibile vendere gli ortaggi; sono congelati i prestiti dei piccoli istituti di credito cooperativo che concedono soldi ai contadini.
Per fortuna il progetto del bacino idrico scavato dalla Chiesa locale si è concluso già da qualche mese. Quest’anno la siccità non intaccherà i campi di Ithipon e di tutta Pong Kiew, il villaggio a 30 chilometri da Thakek.
L’acqua raccolta durante la stagione delle piogge, e protetta con fronde d’albero per evitarne l’evaporazione, è oro di questi tempi. I campi del villaggio a fianco sussurrano stanchi, con il loro colore arido, la durezza del sole cocente e la sterilità delle terre senza nutrimento.
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Anche il Laos, come molte altre nazioni asiatiche, è soggetto a fenomeni climatici estremi: a parte la naturale alternanza di stagioni piovose e secche, in questi ultimi decenni si sono intensificate precipitazioni molto abbondanti in un ridotto arco temporale e periodi di estrema siccità.
E se il clima atmosferico non è amichevole, anche quello politico è decisamente instabile: il governo totalitario di un tempo sembra aver lasciato posto a una maggior apertura e un maggior dialogo, sia con la società civile, sia con le organizzazioni del territorio, compresa la Chiesa cattolica, a cui vengono riconosciuti i meriti di saper soccorrere tutte le persone nel bisogno, come successo anche per le recenti alluvioni del 2018, 2019 e 2020.
Ma, proprio come con le stagioni di oggi, neanche sulla politica si può fare molto affidamento: il rischio di venire strumentalizzati, repressi o messi al bando è sempre alto e insidioso.
Tre giovanissime Caritas
James ed Ithipon sentono che la nascita è vicina, sentono che il Covid ha solo messo in pausa un travaglio già in atto.
La conferenza episcopale del Laos ha, per la prima volta alla fine del 2020, formalizzato l’intenzione di dare vita alla Caritas nazionale del paese.
Al momento tre giovanissime Caritas diocesane perseguono la missione di assistere i più poveri e di dare potere di cambiamento ai più emarginati, ma i vescovi e i pochi operatori pastorali hanno sentito la necessità di avere più forze, di diventare maggiormente strutturati nella risposta ai bisogni.
Il processo è lungo, benché in atto da tempo. E richiederà ancora mesi di lavoro. Ma la speranza che viene sollevata dalla prospettiva di una presenza nazionale è intensa.
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Ithipon ha un sogno: far germogliare sempre più piantine di riso nel proprio terreno, per sfamare i propri figli senza dover razionare il cibo, per poter vendere al mercato locale, per vedere tutto il villaggio di Ponkiew uscire dall’ombra insidiosa dell’alcol a buon mercato, e fare spazio invece a lavoro e istruzione.
L’attesa è lunga e lenta, come lo sono i cambiamenti in Laos. Ma il bacino idrico, come la Caritas che l’ha voluto, sta per assumere una forma definitiva. E James attende con impazienza i primi vagiti di questa nuova possibilità.