La Siria dimenticata
La Siria sembra ormai caduta nel silenzio dei media, offuscata da un’altra grande, drammatica crisi rappresentata dalla guerra in Ucraina. Qual è la situazione umanitaria e sociale dopo 11 anni di guerra?
R: Se da un punto di vista militare le ostilità sono cessate in quasi tutto il Paese, attualmente sulla pelle dei siriani si sta combattendo un’altra guerra, di tipo economico. Le sanzioni, in particolare il Caesar Act (pacchetto di sanzioni emanato nel giugno 2020 dagli Stati Uniti contro il governo di Damasco n.d.r) rendono ogni giorno la vita di milioni di famiglie in Siria sempre più difficile. Secondo i dati delle Nazioni Unite il 90% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, mentre il 75-80% ha difficoltà nell’approvvigionamento degli alimenti. Stiamo affrontando un periodo molto difficile, ai limiti della sopravvivenza. Ogni cosa è molto costosa e la vita perde di dignità.
Come vivono i giovani in Siria? Quali i loro sogni, desideri?
R: Il sogno di ragazzi e ragazze è purtroppo di lasciare il Paese, nella speranza di costruire un futuro migliore. Ma ai nostri giovani piaceva vivere in Siria… il problema sta nella possibilità di trovare un lavoro, avere una casa, costruire una famiglia o semplicemente poter mandare i figli a scuola. È tutto molto difficile. Come Caritas cerchiamo di fare il possibile grazie a progetti capaci di creare delle opportunità lavorative per i giovani siriani.
Ad esempio quali progetti?
R: C’è il progetto Àjami, che prende il nome da una tipica tecnica decorativa damascena, realizzata con lo stucco, che fino ai primi del ‘900 decorava le moschee, ma anche le chiese e le case tradizionali. Poi col tempo questa tecnica è andata perduta e in seguito alla guerra molti degli edifici decorati con l’àjami sono stati irrimediabilmente danneggiati. Il progetto di Caritas Siria grazie a una serie di corsi di professionalizzanti ha l’obiettivo di insegnare ai giovani questa tecnica decorativa, trasformandoli in artigiani. Ma l’obiettivo del progetto non è solo quello di formare i giovani a un mestiere: ai corsi partecipano infatti molti ragazzi e ragazze sia musulmani che cristiani, giovani che vengono coinvolti in progetti di restauro di chiese, moschee, case… insomma l’àjami è uno strumento per mettere in pratica dinamiche concrete di riconciliazione, anche se in Siria la guerra non è mai stata un conflitto basato sulla fede. Attualmente i nostri ragazzi stanno rinnovando il Patriarcato, rendendolo bellissimo!
Una domanda su una crisi vicina e una lontana: una in Libano e l’altra in Ucraina. Come si ripercuotono sulla vita in Siria?
R: La crisi in Libano riguarda soprattutto le banche. Molti siriani avevano messo in salvo i loro soldi in Libano, ma il Paese sta fallendo… così migliaia di siriani sono stati costretti a interrompere le attività commerciali, il lavoro, perché non possono ritirare e investire il denaro. E anche questa situazione aggrava la già pesante inflazione, rendendo sempre meno favorevole il tasso di cambio dollari – lire siriane. Sul fronte della crisi in Ucraina, quest’ultima impatta indirettamente la Siria, come d’altronde anche il resto d’Europa. La guerra in Ucraina ha colpito in particolare i prezzi di beni essenziali, l’acquisto della farina e quindi anche il pane è diventato molto costoso. In sostanza il nostro Paese è sottoposto a una vera e propria “pioggia di crisi” che vanno dalla guerra che dura da oltre 11 anni, alla crisi economica nostra e dei paesi vicini, alle imposizioni delle sanzioni e del Cesar Act, al Covid, alla guerra in Ucraina. Tutto quello che accade nel mondo influenza la Siria.
Dopo 11 anni di guerra, voi operatori di Caritas Siria, non siete stanchi?
R: Conosciamo la storia della Siria, abbiamo vissuto degli anni molto belli, gloriosi, di benessere. Ognuno di noi ha la speranza che la Siria possa tornare quella di prima, di una bellezza splendente. E che il nostro popolo sia nuovamente unito, felice e soprattutto in pace.
Aggiornato il 18/10/22 alle ore 16:12